
«Notizia destituita di ogni fondamento», in pratica una bufala. È quella che ieri Corriere della Sera e Repubblica hanno servito nel menù papale, una velina probabilmente concordata per mandare un pizzino al Guardasigilli Carlo Nordio e al governo e «rovinare» il funerale di Papa Francesco, a cui il leader russo Vladimir Putin (nella foto) non parteciperà. «Il ministro ha nel cassetto il mandato di cattura di Putin della Corte penale internazionale ma lo ignora», scrivono i giornaloni, in Parlamento l'opposizione a caccia di slogan chiede che il premier Giorgia Meloni «riferisca in aula». Ma su cosa? Sul nulla, appunto.
Dalla Corte penale internazionale cadono dalle nubi, una fonte confidenzialmente si lascia andare a qualche considerazione sullo stato comatoso dell'informazione rispetto ai temi e alle procedure della legge che regola i rapporti tra l'Aja e i governi dei Paesi che aderiscono agli accordi - da noi regolati da una norma (la 237 del 2012) che meriterebbe un tagliando, ma tant'è - poi il discorso si fa serio. «Ma davvero c'è chi scrive che c'è un mandato? E chi l'avrebbe emesso? Quando? E al Guardasigilli, poi?».
Andiamo a guardarci la legge e scopriamo che in effetti la panzana di Corriere e Repubblica non sta in piedi. «Il ministro non ha trasmesso il mandato di arresto perché la Corte non lo ha trasmesso al ministro e quindi non ce l'ha - ci spiega la fonte - il Guardasigilli è sostanzialmente un passacarte e non è certamente coinvolto nella fase di esecuzione di un mandato di arresto emesso dalla Corte penale, un organo giudiziario riconosciuto dal nostro ordinamento, tanto che si parla di consegna e non di estradizione». Se Putin dovesse arrivare in Italia, Nordio comunque interverrebbe molto dopo. «Prima la polizia giudiziaria sarebbe obbligata a dare esecuzione al mandato di arresto ed a trasmettere gli atti (verbale di arresto, quello di perquisizione, eccetera) al Procuratore generale di Roma», come successe per il generale libico Almasri. «È lui che, ai sensi dell'articolo 11 della 237 deve chiedere alla Corte d'Appello di Roma la misura cautelare». A quel punto la palla passerebbe alla Corte, che teoricamente potrebbe decidere di applicare la misura cautelare o eventualmente concedere la libertà provvisoria, «ma prima deve interloquire con la Corte penale».
«È solo al momento della consegna, non dell'estradizione, che l'articolo 13 dà al ministro della Giustizia un ruolo», quello di valutare i termini della consegna ed eventualmente decidere - politicamente - di non dare corso alla consegna. Fino ad allora il ministro non tocca palla. È quello che non è successo con Almasri, quando un arresto legittimo è stato definito «irrituale» dai giudici e il criminale è stato inopinatamente messo in libertà. Un passaggio che verrà probabilmente ribadito nella memoria difensiva alla Corte penale che il governo ha tempo fino al 6 maggio per consegnare, in attesa che il Tribunale dei ministri decida se archiviare i ministri coinvolti (Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano, Nordio e la Meloni) o chiedere alla Procura di Roma l'autorizzazione a procedere.
In tarda mattinata Nordio affida a uno scarno comunicato le sue ragioni: «Putin non è mai transitato in Italia né mai si è avuta notizia che fosse in procinto di farlo, condizioni
essenziali per i provvedimenti conseguenti». Un modo elegante per smontare il presunto scoop di Corriere e Repubblica, che si sono fatti ingannare da una polpetta avvelenata. Ma intanto il danno reputazionale al governo è servito.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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