I nasheed, i tradizionali canti arabi, si mischiano all'hip hop, creando vortici convulsi di giovani che cantano e ballano. E, soprattutto, urlano: «I popoli in rivolta scrivono la storia. Intifada fino alla vittoria». E poi: «Meloni, Meloni vaffanculo». Ma non solo. Perché il mantra della manifestazione pro Palestina che si è tenuta ieri a Udine è uno e uno soltanto: Israele non deve esistere. Basta ascoltare i cori - in cui si parla di una Palestina libera dal fiume al mare, quindi senza lo Stato ebraico - per capirlo.
Mentre i pro Pal sfilano per le vie della città si lasciano andare a confidenze: «Il 7 ottobre gli israeliani si sono girati dall'altra parte per avere una giustificazione. Ma se lo dici sei un antisemita». Una manifestante, invece, giustifica la lotta armata palestinese: «Non è solo Hamas, ma loro resistono e quello è importante per loro e per noi». E ancora, poco più in là, una signora che si appoggia a un bastone bacia la bandiera palestinese e dichiara: «Fanno come Hitler, gli ebrei, ma lo fanno ai palestinesi».
I cartelli, appoggiati a un muro in attesa che la manifestazione inizi, sono un condensato di propaganda: «Diamo un calcio all'apartheid, fuori Israele dalla Fifa», con un riferimento alla partita che lo Stato ebraico sta per giocare contro l'Italia. E poi: «Boicotta l'apartheid di Israele». E ancora: «Stop SSionismo», dove le due s hanno la stessa grafica di quelle del famigerato gruppo nazionalsocialista. Perché, nella piazza di Udine, Israele è il male assoluto. Il nazismo. E Benjamin Netanyahu, ovviamente, è il nuovo Adolf Hitler. «Una cosa è essere antisionisti, un'altra antisemiti», ci dicono i manifestanti provando a giustificarsi. Anche se poi parlano apertamente di «cancro sionista», elogiando i martiri della lotta armata.
«Il 7 ottobre - dice il palestinese che apre la manifestazione - È la conseguenza delle violenze di Israele, che è una colonia americana, il suo ultimo Stato. Uno Stato assassino», prosegue. «L'ultimo giorno di occupazione sarà il primo di pace. Palestina libera dal fiume al mare», conclude.
I manifestanti sparano i loro proiettili verbali contro tutti coloro che ritengono nemici: «America bastarda, America assassina dal Donbass alla Palestina». «Basta basta con la guerra, fuori la Nato dalla nostra terra». Poi, l'intervento dei rappresentanti della Casa del popolo di Gorizia, che si sentono toccati da «ciò che accade a Gaza da 80 anni». «Lo Stato terrorista di Israele usa tecniche genocide: la demonizzazione della resistenza e la manipolazione dell'opinione pubblica usate da Israele per lo sterminio di una popolazione. Il genocidio è ripartito dopo la Seconda guerra mondiale» e le Idf, l'esercito di Tel Aviv, sono nate dalla fusione di «gruppi terroristici usati per fondare quello Stato, gruppi i cui capi sono stati leader di Israele. Come se i capi del fascismo fossero diventati presidenti del Consiglio».
Si accendono i megafoni: «Non si gioca a calcio, non si fa sport con degli assassini», «Italia assassina, Biden assassino», urlano i capi della manifestazione, prima di cedere la parola alle femministe di Non una di meno: «C'è una domanda che si sono fatte tante persone davanti al genocidio compiuto dall'entità sionista. Con quale diritto parlo di questo dolore? Il femminismo ci ha insegnato che la rabbia è uno strumento di lotta e oggi ci risulta impossibile parlare di genocidio. Vogliamo liberi corpi in libere terre». Peccato che un discorso simile, a Gaza, le femministe non potrebbero farlo.
Mentre si passa da via Aquileia, dove i negozianti hanno chiuso le proprie attività temendo scontri, si sentono nuovi cori: «E se non cambierà, intifada pure qua». E infine: «La Palestina ce lo ha insegnato, la resistenza non è reato».
E neppure la lotta armata. Che porta morti su morti. Come Hamas, con la folle mattanza del 7 ottobre scorso, ha tristemente insegnato. Poi allo stadio cecchini sul tetto, alta tensione ma solo qualche fischio durante l'inno israeliano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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