L'Ue cambia rotta sui migranti. Ma il nuovo documento è un flop

Ennesimo nuovo documento tirato fuori dalla commissione, questa volta di 15 punti con i quali l'Ue spera di affrontare in modo risolutivo il problema immigrazione. Ma il nuovo piano nasce già vecchio

L'Ue cambia rotta sui migranti. Ma il nuovo documento è un flop

Tutto si può dire, tranne che in Europa non siano celeri a produrre dei piani di azione. Quando un problema diventa politicamente rilevante, a Bruxelles puntualmente saltano fuori documenti presentati come risolutivi. Fantomatici piani da 10, 15 o 20 punti con cui poter mostrare al pubblico la rapidità di azione dell'Ue.

Il problema però è che, con altrettante puntualità, i vari piani presentati negli anni o vengono disattesi o addirittura non riescono nemmeno a essere approvati. Sull'immigrazione è spesso successo così: quando i flussi migratori diventano ingestibili e i Paesi più esposti chiedono aiuto, dagli uffici della commissione si tirano fuori piani e documenti il più delle volte definiti anche “storici”.

Come quando ad esempio sono stati sottoscritti piani per la redistribuzione dei migranti, tutti regolarmente disattesi. O come quando, sotto la gestione di Ursula Von Der Leyen, la commissione ha presentato il nuovo piano sull'immigrazione all'indomani dei primi lockdown del 2020. Adesso a Bruxelles ci riprovano: ieri, subito dopo la riunione dei ministri dell'Interno Ue a Stoccolma, Ursula Von Der Leyen ha parlato di un nuovo piano di azione. Questa volta i punti elencati sono 15, con un focus particolare puntato su rimpatri e hotspot da costruire nei Balcani.

Il nuovo piano di Ursula Von Der Leyen

Ieri a Stoccolma a fare la voce grossa sono stati anche i Paesi del centro e nord Europa. I ministri dell'Interno di Paesi Bassi e Svezia, in particolare, hanno espressamente chiesto a Bruxelles di passare dalle parole ai fatti. Amsterdam ha sottoscritto l'invito dell'Austria a finanziare muri tra Turchia e Bulgaria, i padroni di casa svedesi hanno sottolineato l'importanza di giungere a un accordo sui rimpatri.

A stretto giro di posta, il presidente della commissione europea Ursula Von Der Leyen ha risposto con un nuovo piano. Anche questo, come almeno gli ultimi due o tre stilati dal 2020 a oggi, è stato presentato come risolutivo.

Il tema è in cima alla lista delle questioni per le quali i cittadini si aspettano una forte risposta da parte dell’Ue – ha scritto Von Der Leyen nelle sue dichiarazioni rilasciate nelle scorse ore – proprio per questo è presa di mira da chi vuole destabilizzare il progetto europeo”. Rapidità è quindi la parola d'ordine e, con molta solerzia, a Bruxelles hanno compilato, stampato e poi inviato ai vari governi il nuovo piano.

Il documento comprende 15 punti distribuiti su quattro grandi macro aree in cui, come promesso da Ursula Von Der Leyen, “è possibile fare la differenza nell'immediato”. Il piano prevede infatti un rafforzamento delle frontiere, un'accelerazione sui rimpatri, la solidarietà tra i Paesi Ue e infine il miglioramento della gestione dei rimpatri.

Temi per la verità non nuovi e non certo inediti. Di solidarietà, di rimpatri e di frontiere si parla da tempo. E sono tutti punti già compresi in altri piani rimasti poi nei cassetti degli uffici della commissione. Non è inverosimile pensare che, spinti dalla pressione politica degli ultimi giorni, a Bruxelles abbiano riaperto quei cassetti e riordinato vecchi piani. Arrivando così all'ennesimo documento definito risolutivo che però, a ben vedere, ha ancora una volta le sembianze di un mero elenco di buoni propositi.

Il nuovo patto sull'immigrazione non arriverà prima del 2024

Von Der Leyen spera di avere un primo via libera al nuovo documento già a febbraio, in occasione del consiglio europeo in cui si riuniranno tutti i leader dei 27 Paesi membri. Dovesse arrivare il disco verde però, non si tratterà di un piano risolutivo. Come specificato dalla stessa presidente, il documento di 15 punti altro non è appunto che un “piano di azione”.

Non il definitivo e atteso nuovo patto sull'immigrazione con cui superare l'attuale status quo.

Una cura palliativa quindi, in attesa di quella più importante. La quale però, come fatto sapere dall'ambasciatore svedese a Bruxelles nei giorni scorsi, non arriverà prima del 2024.

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