Migranti, perché non sono i più poveri a partire

A intraprendere i viaggi della speranza, contrariamente a quanto si possa immaginare, non sono i migranti più poveri: chi parte appartiene quasi sempre alla classe media

Migranti, perché non sono i più poveri a partire

I numeri record di questi giorni hanno nuovamente posto l'immigrazione al centro del dibattito politico. Non poteva essere diversamente: l'arrivo di migliaia di migranti a Lampedusa sta destando profonda preoccupazione, oltre a confermare al rialzo un trend di sbarchi che, secondo l'agenzia Frontex, potrebbe essere confermato anche per il 2024.

L'attualità però non deve far dimenticare che dietro il fenomeno migratorio ci sono storie e cause ben specifiche e ben determinate. E non si tratta solo dell'attività dei trafficanti e delle organizzazioni criminali. Né tanto meno si può parlare esclusivamente di povertà. Perché se da un lato è vero che si parte soprattutto da Paesi con economie spesso in affanno, dall'altro però gran parte degli analisti concordano su un punto: a percorrere la via che porta in Europa sono soprattutto coloro che appartengono alla cosiddetta “classe media”.

Parte solo chi può permetterselo

C'è una soglia di reddito che, secondo gli studiosi del fenomeno migratorio, va tenuta in forte considerazione. È quella che va dai mille agli ottomila Dollari annui, cifra che in un Paese in via di sviluppo corrisponde a una famiglia appartenente alla classe media. “Chi guadagna di più rispetto a questa cifra – ha dichiarato su IlGiornale.it una fonte dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) – in certi contesti del continente africano vive bene e non ha interesse a partire. Chi guadagna di meno invece, semplicemente non ha i soldi”.

Un'osservazione quest'ultima confermata già nel 2019 dalla Banca Mondiale. Secondo l'istituto con sede a Washington, dal 1994 al 2019 sono stati almeno cento milioni i migranti a partire. Tra questi, la stragrande maggioranza non apparteneva alla classe più povera. I più indigenti sono partiti soprattutto dai Paesi in guerra o con all'interno gravi situazioni di instabilità politica, tali da pregiudicare la propria sicurezza o la possibilità di avere un minimo reddito.

In poche parole, parte soltanto chi se lo può permettere. “Vede – aggiunge il funzionario dell'Oim – se il mio guadagno in un Paese povero consente non solo di sopravvivere, ma anche di mettere qualcosa da parte, allora ho a disposizione dei soldi per provare ad andare in Europa o da altre parti”. Diversamente, è molto difficile anche solo programmare o pensare di lasciare casa.

Perché si parte verso l'Europa

Il fatto che a provare la via dell'emigrazione siano solo coloro che possono permetterselo, è confermato indirettamente da un altro dato della Banca Mondiale. Negli ultimi decenni infatti, il divario economico tra Europa e Africa si è ridotto. Non a grandi livelli e non di tanti punti percentuali, ma ad ogni modo tra le due sponde del Mediterraneo la differenza sotto il profilo economico è diminuita. Eppure sbarchi e approdi irregolari sono drasticamente aumentati. Non solo con riferimento all'anno in corso, ma anche guardando indietro negli ultimi tre decenni.

Una circostanza che si spiega per l'appunto unicamente con il fatto che a partire sono coloro che hanno la possibilità di mettere soldi da parte. Anche se il continente africano è ben lungi dall'essere considerato economicamente stabile, ha visto però al suo interno il costante sviluppo di una classe media. Migliaia di persone hanno quindi avuto i mezzi per partire.

Sembra quindi lecito chiedersi come mai si parte. Per quale motivo cioè persone appartenenti alla classe media decidano di andare in Europa. Le spiegazioni sono essenzialmente due. Nella prima occorre introdurre il concetto di “prospettiva”. “Occorre considerare – spiega il funzionario dell'Oim contattato da IlGiornale.it – che nei Paesi di origine dei flussi migratori a molte persone manca la prospettiva, manca cioè la concreta possibilità di pensare a un futuro dignitoso”. A volte per ragioni prettamente economiche, altre invece politiche. “Economie deboli, sistemi politici fragili, corruzione, mancanza di stabilità – prosegue il funzionario – danno la percezione di un futuro segnato, impossibile da migliorare. E allora si cercano nuove prospettive altrove”.

C'è poi il discorso relativo alla concezione che si ha dell'Europa, spesso vista come terra promessa dall'altra parte del Mediterraneo. Un'aspettativa creata ad hoc a volte dagli stessi trafficanti. In tal senso appare significativa la testimonianza di un giornalista egiziano contattato da IlGiornale.it. “Alcune settimane fa – ha detto – su un quotidiano locale era stato scritto che un comune italiano concedeva soldi e cittadinanza a tutti quei migranti che andavano ad abitare in paesi a rischio spopolamento”. Una fake news, una delle tante, in grado di far breccia tra molti cittadini africani in cerca di un futuro diverso. “Secondo me – ha concluso il giornalista – a mettere in giro certe voci sono proprio le organizzazioni criminali, con l'obiettivo di attrarre sempre più potenziali vittime”.

Le prospettive future

Frontex, come detto, prevede per il 2024 lo stesso trend dell'anno in corso. Ma in prospettiva, l'attuale situazione potrebbe diventare da emergenziale a ordinaria. Alcuni dei Paesi africani da cui si parte maggiormente hanno importanti tassi di crescita. Come ad esempio la Costa d'Avorio, Paese che cresce a un ritmo costantemente vicino alle due cifre percentuali. Questo significa contestualmente uno sviluppo maggiore della classe media, con molte più persone in grado di partire e di provare le traversate.

Il nodo consiste quindi, in primo luogo, nel fermare l'attività delle organizzazioni internazionali. Attività che non riguarda soltanto la “semplice” organizzazione delle traversate, ma che parte da lontano e tocca tutti i punti del viaggio della speranza. Dalla propaganda alla materiale ricerca, sui social così come nelle varie località africane, di giovani a cui offrire delle migliori prospettive in Europa.

Sgominare le organizzazioni di trafficanti garantirebbe un drastico ridimensionamento dei movimenti “non spontanei” dei migranti. Per farlo però servirebbe un costante e oneroso impegno sia dell'Europa che dei Paesi di origine dei flussi.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica