I comunisti tornano al governo di un Paese europeo. Syriza, il partito di estrema sinistra che ha portato alla ribalta il suo fondatore Alexis Tsipras, ha infatti stravinto le elezioni greche. Tsipras è un quarantenne figlio della rivoluzione studentesca, che in Grecia arrivò a scoppio ritardato, nei primi anni Novanta. Una sorta di Mario Capanna in salsa ellenica, decollato in politica cinque anni fa quando l'Europa della Merkel mise la Grecia, che era sull'orlo del default, in ginocchio: governo commissariato, drastico taglio della spesa, sospensione della sovranità nazionale. Da allora i greci, elezione dopo elezione, hanno gonfiato le file di questo partito che vuole dare un taglio al giogo europeo, fino a minacciare di non pagare i debiti e uscire dall'euro.
Qualcuno oggi dirà: e bravi questi greci che gliele cantano (e forse gliele suoneranno) a Merkel e compagnia. Vero, ed è altrettanto vero che c'è gusto nel vedere per la prima volta a rischio vero la tenuta degli scellerati patti di quella truffa che è l'Europa monetaria. Ma se di Tsipras condividiamo l'analisi sulla malattia, non possiamo certo condividere la ricetta. Una medicina sbagliata può provocare più danni del male, e questo penso sia il caso di Tsipras, non a caso in Italia idolo di Vendola, Civati, dei comunisti mai pentiti alla Ferrero e di alcuni salotti di sinistra radical chic. La via che noi invochiamo è quella liberale (più libertà individuali, meno Stato e tutela fiscale della classe media), non certo quella scelta ieri ad Atene, ovvero la riedizione del tragico socialismo reale che tanti danni ha provocato nei Paesi che l'hanno sperimentato (e non per niente abbandonato).
Il caso greco deve insegnare ai burocrati e ai politici europei che se si mette un popolo con le spalle al muro, la reazione non può essere di supina accettazione. Tsipras in Grecia, come Grillo in Italia, sono la risposta democratica alla frustrazione e alla disperazione per una politica economica folle e oppressiva. Ma a cadere dalla padella nella brace non ci sto. L'alternativa? Estendere il Nazareno dalle riforme all'economia e all'Europa. Cioè affidarci a forze riformiste e moderate anziché al matto di turno.
E dare loro la forza elettorale necessaria per negoziare un regime monetario e fiscale amico e non boia. Da ieri abbiamo un motivo in più per sperare che il nuovo presidente della Repubblica non sia figlio di Bersani, Vendola e Cuperlo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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