Non si sa se sarà l'anno di Giovanni Toti, ma è il suo Capodanno. Il presidente della Regione Liguria ha esordito con un post di benvenuto alla prima nata di Genova, la «ligure Greta», figlia di genitori nigeriani, sfidando l'ira non solo dei leghisti ma soprattutto dei violenti razzisti che si aggirano a frotte sui social. Subito dopo è stata la volta della Digos che indaga sulle minacce pre natalizie: «Gentilissimo presidente Giovanni Toti, le consiglio vivamente di tenere aperti i bar e i ristoranti, per Natale, diversamente faremo disastri. Conosce le bombe? Ok». All'entusiasmo della sinistra si è aggiunta la solidarietà per colui che era già diventato un paladino dello ius soli. In realtà le cose non stanno esattamente così. Come risponde Toti a chi gli chiede come abbia fatto a trasformarsi da para leghista a paladino di Leu, «non abbiamo un atteggiamento fazioso e ideologico, ma politicamente non me lo spiego: anzi, la sinistra molto spesso ha strumentalizzato le mie posizioni facendole apparire come non sono: la descrizione di Toti come un'estremista di destra non sta nella mia storia». Uno dei suoi punti di riferimento principali rimane Silvio Berlusconi, colui che aveva pensato a Toti come a un suo possibile erede. «Con Cambiamo! non mi sono mai allontanato dai valori di Forza Italia, né ho mai contestato o contesto la statura di Berlusconi come leader o come persona. Ci sentiamo, ci siamo sentiti anche di recente. Ci siamo scambiati gli auguri di Natale e di Capodanno, ci siamo confrontati sulla crisi del Paese di cui non si capiscono i contorni». Ripete: «Non ho mai avuto ruggini con lui, ho contestato alla macchina partito di Forza Italia una politica che chiude porte più che aprirle. Noi siamo pronti a costruire qualsiasi impianto che ridia smalto al disegno riformista». Quando gli ricordano che gli azzurri sono rimasti totalmente esclusi dalla giunta regionale, replica che non ha potuto fare diversamente perché «la giunta rispecchia la volontà elettorale, non la volontà di Toti». In Liguria i voti azzurri sono stati mangiati dalla lista Toti, ovvero Cambiamo!. La tentata marcia di riavvicinamento vuole escludere intelligenza con Conte: «Non faremo mai la stampella, non abbiamo condiviso nulla col governo. Se cercano di farlo sopravvivere, non avranno i nostri voti. Se Conte cadrà, in Parlamento o fuori, ne ragioneremo». Quanto alla politica migratoria, rassicura i suoi che resta di centrodestra, guarda ai conservatori inglesi e americani e che «non si può confondere il benvenuto a una creatura ligure venuta al mondo in un ospedale ligure grazie a medici liguri con la cittadinanza, che riguarda il Parlamento, tocca l'economia, i diritti politici, i principi su cui si basa la democrazia». Non sembra aver cambiato idea sulla politica migratoria: «Avere regole giuste anche se possono apparire dure è bene, perché il centrodestra deve proteggere le persone anche con regole rigide. Però deve anche sapersi confrontare con un mondo globale, avere grande compostezza e sobrietà di toni, massima attenzione ai diritti sociali e civili. Più sei rigoroso nelle regole, più devi essere accogliente con chi le rispetta». Si può dire che abbia una certa comprensione per chi lo ha minacciato: «Le minacce sono frutto di una situazione di esasperazione complessiva del Paese. Non dico che siano accettabili, ma il tema dei ristori, pochi e tardivi, l'assenza di progettazione del futuro, la crisi economica, producono un clima avvelenato in cui i soggetti più fragili, deboli, esaltati possono usare toni e non comportamenti men che appropriati». Ricette per il governo: «Tenere monitorati i dati dell'economia come quelli del Covid.
Evitare di cambiare le regole ogni due settimane su ondate emotive. Non usare la mannaia del tutto aperto o tutto chiuso. Forse si possono chiedere maggiori sacrifici alle zone più colpite e lasciare più libere le altre».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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