"25 Aprile, basta settarismi. La storia non è una clava"

Parla il nipote del comandante del Cln, eroe di guerra "Vorrei idee alternative e credibilità, non invettive"

Ferruccio Parri, lei è nipote e porta il nome del comandante partigiano che sfilò per primo nella Milano liberata per poi divenire presidente del Consiglio. Ed è vicepresidente della Fiap, la Federazione di associazioni partigiane che proprio Parri fondò staccandosi dall'Anpi. Come celebrerà il 25 aprile?

«Saremo a Milano, pochi maorgogliosi con il nostro striscione e il medagliere. A Roma, con il presidente Aniasi, parteciperemo anche a un evento per l'Ucraina. Il 25 aprile è data una fondante per noi, ma non eleviamo altari, lo celebriamo laicamente. Io col mio cognome non posso che esserci».

Chi era suo nonno?

«Antifascista fin dagli anni Venti, di formazione un mazziniano, eroe della Prima guerra mondiale a Vittorio Veneto, ferito e pluridecorato. Insegnò al Parini, lavorò al Corriere ma fu dichiarato dimissionario con la fascistizzazione del giornale: Einaudi gli chiese di resistere ma dovette cedere. Organizzò la fuga di Turati con Rosselli e Pertini. Entrò nella Resistenza, confinato, arrestato. Poi segretario del Partito d'Azione».

Era l'antifascismo migliore, quello non compromesso con il comunismo.

«L'antifascismo liberaldemocratico. Non saprei dire se migliore. Mio nonno aveva ottimi rapporti con gli altri, coi comunisti ma anche con Edgardo Sogno, monarchico, che provò a liberarlo, nonostante gli avesse fatto recapitare una proibizione in tal senso per non esporlo. Poi è stato capogruppo di Sinistra indipendente, ma certo non è mai stato un ex o un post».

C'è stata un'egemonia comunista sulla memoria?

«Sì, legata alla Guerra fredda, ai due blocchi. L'appartenenza dell'Italia all'Occidente era già delineata e Togliatti lo sapeva. C'è stata, per questo mio nonno fondò la Fiap, per sottrarre la memoria all'irrigidimento e alla retorica di parte».

Parri stava dalla parte dell'Occidente. Anni dopo, lo stesso Berlinguer disse che era più a suo agio sotto l'ombrello Nato.

«Nel Pci erano sempre stati a loro agio in Occidente, anche se dicevano il contrario. Andavano Oltrecortina ma tornavano molto presto».

Il 25 aprile è ostaggio del settarismo di parte?

«C'è del settarismo, come una corrente sotterranea, ma io credo che sia minoritaria. Ci sono quelli che fischiano la Brigata ebraica, ma sono frange con scarso peso ormai».

Che ne pensa della spaccatura sulla mozioni?

«Seguo poco le polemiche, la storia dovrebbe essere spiegata, non usata come una clava dai partiti. La memoria è divisa. Per me la Costituzione nasce dalla lotta al fascismo, la storia è chiara. Anche lo stalinismo? Certo. Non mi aspetto dalla maggioranza un atteggiamento diverso ma le parole del ministro Valditara in questo caso sono condivisibili».

La sinistra chiede le dimissioni del presidente del Senato Ignazio La Russa.

«Avrei evitato di eleggerlo, non mi piace, ma chiederle mi pare una petizione di principio».

La destra di governo le sembra fascista?

«Lo è stata ma sono passati tanti anni. Puoi chiamarli così? No, devi guardare alle misure concrete, elaborare politiche alternative, non invettive. Cercherei di fare un'opposizione credibile, non chiacchiere».

Integrare tutti sarebbe interesse del Paese.

«Integrare, più che escludere, era

proprio l'idea degli azionisti. Un percorso costituente sarebbe una vittoria di tutti, oggi, se la destra accetta certi postulati. La Costituzione è antifascista, ma guarda al futuro e protegge da tutti i totalitarismi».

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