Dopo 27 anni caso riaperto: "È lui il killer del trapano"

Il femminicidio di Luigia Borrelli senza colpevole dal '95. Nel mirino un primario, che però è morto

Dopo 27 anni caso riaperto: "È lui il killer del trapano"

Un trapano insanguinato, un cadavere massacrato di colpi, tre suicidi e un assassino mai scoperto. Dopo 27 anni la Procura di Genova riapre un cold case, quello dell'omicidio di Maria Luigia Borrelli, infermiera di 42 anni uccisa in un basso utilizzato per prostituirsi. A riaprire il fascicolo il ricordo di una donna allora bambina. «Mia madre, amica e collega della vittima, mi disse che Luigia aveva una relazione con un primario. Subito dopo l'assassinio il professore era arrivato in reparto con vari graffi, tanto che gli hanno chiesto se avesse litigato con il gatto» racconta a Il Secolo XIX.

È il 5 settembre del 1995. Luigia di giorno assiste gli anziani, di notte affitta una camera al 64 di vico degli Indoratori di un'ex prostituta, Adriana. Luigia, dai suoi clienti si fa chiamare Antonella, è vedova e deve saldare i debiti del marito barista passato a miglior vita e finito nelle mani degli usurai. Eppoi ha i figli da mantenere e i soldi non bastano mai. La mattina del 6 settembre la proprietaria del basso la trova riversa a terra con un trapano verde conficcato in gola. È quello lasciato da un muratore che di giorno ristruttura il monolocale, Ottavio Salis. La scena del crimine è fra le più cruente che la pm titolare delle indagini, Patrizia Petruzziello, ricorda. Luigia ha un Black&Decker nella gola e il resto del corpo martoriato con 12 colpi, tutti in organi vitali, inferti quando la poveretta era già morta. Il primo sospettato ha ecchimosi e segni sulle braccia e la sua versione non convince. Viene convocato in Procura per un secondo interrogatorio ma lui, per la vergogna di essere finito su tutti i giornali come cliente di prostitute, si getta da un cavalcavia. Salis lascia 5 biglietti, ai suoi tre figli, alla moglie, ai carabinieri. «Maresciallo, fai che la mia morte non sia stata vana. Cercate l'assassino di Antonella. So che lo troverete». A indicare il suo nome era stata la signora Adriana che non regge al rimorso e, nel marzo del '96, si toglie la vita impasticcandosi con i farmaci.

Le piste prendono varie direzioni: quella di un giro di usurai, di un marocchino autore di altri omicidi a Torino, di un cliente abituale e di un uomo che entra insanguinato in un albergo. Si pensa anche a Donato Bilancia, il killer delle prostitute, che però nega. La scientifica, intanto, rileva le tracce del DNA lasciate dal killer sulla vittima: non appartiene a nessuno di loro. Si ricomincia da zero, anzi ci si ferma del tutto e il caso sembra destinato all'archiviazione. Nel 2014 anche uno dei figli di Luigia, depresso per la morte della madre, decide di togliersi la vita gettandosi dal ponte Monumentale. Le nuove rivelazioni, adesso, fanno luce su quanto accaduto anche se il medico di cui parla la donna è, ormai, morto pure lui. «Lo ricattava per soldi, gli diceva che sarebbe andata dalla moglie a dirle della loro relazione» il movente. Il killer avrebbe usato il trapano per nascondere ferite inferte con un bisturi.

Adesso manca solo la comparazione del DNA repertato con quello del medico defunto. Non è escluso che il sostituto procuratore di allora, lo stesso di oggi, autorizzi l'esumazione della salma della Borrelli per un nuovo esame.

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