
Anche quest'anno l'anniversario della strage di Acca Larentia, invece di rappresentare un momento condiviso in cui ricordare tre giovani uccisi durante gli anni di Piombo, si è trasformato in un'occasione di scontro politico. Da un lato la sinistra coglie l'occasione per gridare al pericolo fascismo, denunciare un ritorno dei fascisti teorizzando un legame tra gruppi estremisti e il governo, dall'altro fanno discutere i saluti romani alla manifestazione organizzata da Casapound. Il modus operandi è noto: se a governare è la destra e si svolgono iniziative di movimenti radicali, si cercano di costruire legami e connessioni con il mondo della destra istituzionale. È quanto accaduto anche ieri in occasione dell'anniversario della strage di Acca Larentia fingendo non siano avvenuti due momenti distinti (uno alla mattina con le istituzioni, un altro nel tardo pomeriggio con la cerimonia del presente organizzata da Casapound) e mettendo tutto sullo stesso piano per accusare il governo dei saluti romani compiuti durante il presente.
Proprio per i saluti romani la Digos ha proceduto alla «visione dei filmati della manifestazione al fine di identificare coloro che si sono resi responsabili di condotte apologetiche del fascismo». Nonostante la manifestazione di Casapound non avesse nulla a che fare con la cerimonia istituzionale è subito partita la strumentalizzazione della sinistra con Nicola Fratoianni di Avs che ha dichiarato: «Il governo Meloni e il ministro Piantedosi permettono la zona nera. Una vergogna per il nostro Paese, un'onta per questo governo» dimenticando che questa cerimonia si svolgeva anche quando governava il centrosinistra. In realtà, già dalla mattina, si era capito quale clima si respirava quando, durante la cerimonia ufficiale in ricordo di Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta, Stefano Recchioni, un contestatore aveva urlato: «Viva la resistenza, merde».
Eppure dal vicepresidente della Camera Fabio Rampelli sono arrivate parole di unità con la richiesta di istituire una commissione parlamentare: «È giunta l'ora di condividere questa memoria, senza ipocrisie. Memoria comune che se non può più poggiarsi sulle sentenze dei tribunali deve fondarsi sulla verità storica. E a questa si può ancora giungere attraverso una commissione parlamentare d'inchiesta che accerti le responsabilità di chi ha messo in mano a ragazzi di 18-20 anni armi da guerra, mitragliette, esplosivi determinando una vera guerra civile strisciante».
A tenere banco è stata anche la rimozione da parte del Comune di Roma nei giorni scorsi della targa firmata «I camerati» per ricordare Stefano Recchioni poi ricollocata proprio ieri. Proprio per la decisione del comune il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca ha deciso di partecipare alla commemorazione autonomamente: «L'anno scorso eravamo qua insieme, l'atteggiamento sulla targa ovviamente non mi ha messo in condizioni di poter avere una commemorazione. Io non mi sono sentito di commemorare con il Comune oggi. Si poteva scegliere una strada, un percorso, una memoria condivisa. Individuare una targa comune. Si potevano fare tante cose. A distanza di pochi giorni l'ho trovata una provocazione inutile. Dopo anni ci si sveglia e si fa distruggere quella targa. Quando il dito indica la luna che è la pacificazione, un percorso di dialogo, l'imbecille guarda il braccio».
Prontamente è arrivata la richiesta di Rifondazione Comunista di «provvedere all'immediata rimozione» della targa mentre nel pomeriggio, in concomitanza alla cerimonia del presente, si è svolto un presidio antifascista contro le «provocazioni fasciste». A fare le spese di questo clima è la memoria dei giovani militanti missini del Fronte della Gioventù uccisi nel 1978 che, ancora una volta, viene sfregiata da sterili polemiche politiche.
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