Accappatoi come pellicce Miu Miu fra spugne e visoni

Tipe da spiaggia con cuffie di gomma a fiori Vuitton aprirà un negozio in Place Vendôme

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Parigi «La verità, vi prego sulla moda» sembra chiedere Miuccia Prada quando nel backstage della sfilata parigina di Miu Miu si mette a parlare di un'intervista che ha concesso a Raf Simons sul tema scottante della censura. «La moda è un luogo libero nel lavoro, non nelle parole» esordisce la grande signora del Made in Italy per poi concludere che oggi siamo tutti condizionati a volte dal politically correct, più spesso dalle logiche del profitto per cui la stroncatura non esiste più perché i giornali temono di perdere la pubblicità. Qualcuno le fa notare che ogni tanto la stampa si censura per non mettere a rischio posti di lavoro e subito un portavoce della maison ci fa notare che il Gruppo Prada ha 14 mila dipendenti nel mondo, 8000 dei quali in Italia. Ebbene a rigor di logica nessuno di loro dovrebbe essere a rischio perché la collezione Miu Miu della primavera/estate 2017 è veramente deliziosa e piena di furbizie commerciali tra cui una cosa che gli stilisti sembrano aver dimenticato: il rispetto della stagionalità. «Visto che d'estate non parla più nessuno mi sono divertita a fare cose da spiaggia: costumi e cuffie da bagno, accappatoi, ciabattine e prendisole» spiega infatti Miuccia aprendo subito una finestra di dialogo sui gravi problemi connessi al mare: inquinamento, migranti, attacchi terroristici nei luoghi turistici. Ebbene dimentichiamoci per un attimo di essere intelligenti e consapevoli del mondo perché le 52 ragazze sulla passerella di Miu Miu sono le più belle tipe da spiaggia che si possano immaginare, con in testa le cuffie di gomma a fiori degli anni Cinquanta. Gli abiti sono composti dal tipico costume castigato alla Ester Williams abbinato con eleganti sottane a pieghe e fantastiche vestine che un tempo si chiamavano «vestagliette».

Spettacolari gli accappatoi trattati come pellicce e viceversa: le stesse assurde fantasie d'antan nei più bei colori che si possano immaginare con un sapiente lavoro d'intarsio tanto nella spugna quanto nel visone. Ad onore del vero, comunque, la sfilata ci ha fatto ricordare un film meraviglioso come Le vacanze di Monsieur Hulot girato nel 1953 da Jacques Tati. Louis Vuitton sfila al 2 di Place Vendôme invece che nella meravigliosa Fondazione progettata da Frank Gehry e inaugurata due anni fa. Il perché è presto detto, in quello che è l'indirizzo-simbolo della città verrà presto aperto una maison, ovvero un negozio in cui tutto ciò che viene prodotto da Vuitton sarà esposto e venduto secondo i sacri crismi del lusso.

La sfilata si svolge in una specie di cantiere senza polvere e con gli altoparlanti incastonati nel cemento che trasmettono prima un dialogo e poi la colonna sonora del film Rive Gauche et Rive Droite (in italiano Il desiderio e la corruzione) girato da Philippe Labro nel 1985. Pare che il designer Nicolas Ghesquiéres si sia ispirato a questa pellicola per creare la collezione e chissà se sa che gli abiti indossati da Natalie Baye portano la firma di Giorgio Armani. Sta di fatto che dai primi modelli in sbieco alle forme architettoniche delle giacche è tutto un riferimento agli anni Ottanta che non esclude nemmeno il remake del tailleur a quadri dell'architetto Andrèe Putman. Anche in questo caso la collezione è furbamente commerciale soprattutto per via degli accessori (uno più bello dell'altro a cominciare dal porta Iphone fatto come la celebre Petit Malle) che sono il business del brand. Moncler Gamme Rouge, invece, balla per conto suo nella ricerca di uno stile francese e modaiolo per quello che di fondo ormai è un marchio italiano. Il designer Giambattista Valli lancia così l'immagine della ragazza con il kepi e l'equivalente sartoriale e ricamato della divisa coloniale della Legione Straniera. Sorprendenti e in fondo commoventi anche le due Marianne con il mantellobandiera: ci piace pensare che il marchio del galletto s'inchini al Paese d'origine che ha vissuto un annus horribilis dal Bataclan a Nizza senza soluzione di continuità. Certo la moda trova significati e significanti solo nel passato e questo ci sembra quanto meno strano. Da Kenzo Humberto Leon e Carlos Lim propongono una bella collezione ispirata alla sfilata che Kenzo Takada fece nel 1977 allo Studio 54 di New York.

Fin qui tutto bene, ma l'idea dei tableau vivant con gente nuda di ogni taglia ed età, compreso un ragazzo senza un braccio ci sembra più pretestuosa che ispirata dall'artista Antonio Lopez che con Kenzo (come con tutti i grandi della moda in quel periodo) collaborò molto seriamente.

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