C'è lo scontro con la magistratura, le dichiarazioni del Guardasigilli Nordio sul concorso esterno, il senso di accerchiamento giudiziario del governo. E la riforma della giustizia - già rivendicata da alcuni esponenti dell'esecutivo alla memoria di Silvio Berlusconi - che viene contestata frontalmente dai pm e che dovrebbe iniziare il suo iter in Parlamento dopo il via libera del Colle, atteso questa settimana. A incendiare un dibattito già caldissimo alla vigilia dell'anniversario di via D'Amelio, ci sono i passi dell'inchiesta della Procura di Firenze sui mandanti esterni delle stragi del 1993, per cui è indagato Marcello Dell'Utri. A un mese dalla morte di Berlusconi gli uomini della Dia di Firenze e di Milano hanno bussato a casa dell'ex senatore per eseguire un decreto di perquisizione disposto dai magistrati fiorentini. Trapela poi sui giornali che l'operazione ha portato «riscontri utili» alle indagini. Viene messa nero su bianco nel provvedimento un'accusa che la difesa dell'ex senatore ha definito «incredibile e fantasiosa». Dell'Utri sarà interrogato domani.
Gli orologi sembrano tornare indietro di trent'anni, e non solo per lo scontro tra Palazzo Chigi e l'Anm. Di nuovo il nome di Berlusconi in un fascicolo di indagine su un teorema, i rapporti tra il fondatore di Forza Italia e la mafia, che va avanti dal 1998, che si muove nei faldoni delle inchieste tra Firenze e Caltanissetta, e che dopo alcune archiviazioni, viene riaperto alla luce di quelli che secondo i pm sarebbero nuovi elementi. Per il legale di Dell'Utri, Francesco Centonze «si tratterebbe di materiale probatorio che è stato già ampiamente esaminato dalle autorità giudiziarie che negli ultimi trent'anni si sono occupate dello stesso periodo storico ancora oggetto di indagine da parte dei magistrati fiorentini».
All'ex senatore, in passato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, viene contestato il concorso in strage con l'aggravante di aver agevolato l'attività di Cosa nostra. Per i pm avrebbe «istigato l'organizzazione delle stragi per favorire l'affermazione di Forza Italia». Avrebbe sollecitato il boss Graviano «a organizzare e attuare la campagna stragista e, comunque, a proseguirla, al fine di contribuire a creare le condizioni per l'affermazione di Forza Italia, fondata da Berlusconi, al quale ha fattivamente contribuito Dell'Utri», si legge nel decreto pubblicato da Repubblica. Tutto «a fronte della promessa da parte di Dell'Utri, che era il tramite di Berlusconi, di indirizzare la politica legislativa del governo verso provvedimenti favorevoli a Cosa nostra». Una mossa, quella dei magistrati fiorentini Luca Turco (nella foto) e Luca Tescaroli, già criticata dagli azzurri per il «fango» gettato sul nome del fondatore anche dopo la sua scomparsa e dopo una vita sotto processo, come già ricostruito da Luca Fazzo su questo giornale: a partire dal 1994 sono stati aperti dalle procure 115 procedimenti penali in direzione di Berlusconi, di cui 68 «diretti». Un'unica, condanna nel processo per i diritti tv.
Ha attaccato, nei giorni scorsi, anche l'ex premier Matteo Renzi: «La procura di Firenze ha lavorato per ore e ore sulla tesi di Berlusconi aiutato dalla mafia con le stragi del 1993: per me questa tesi è folle».
Fi ha presentato un'interrogazione a firma Pietro Pittalis, che contesta la pubblicazione di atti dell'indagine sui giornali, e chiede al ministro della Giustizia «quali iniziative intenda assumere, se del caso mediante l'attivazione dei propri poteri ispettivi» sui magistrati fiorentini.
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