Era una sorvegliata speciale da quando aveva imparato a procacciarsi cibo con qualche scorciatoia. Sapeva che in certi posti la gente lasciava rimasugli di cibo in giro, magari dopo i pic nic, o comunque gettava quello che avanzava in bidoni che non erano a prova di orso. E poi aveva sviluppato qualche furbizia anche riguardo i pollai della zona. Nel suo «testone» aveva una mappa precisissima di quelli accessibili, non protetti a dovere. Lì, con il favore delle tenebre, andava a servirsi. Ma mai, nei suoi quattro anni di vita, era stata aggressiva con gli esseri umani, nei confronti dei quali dimostrava una spiccata confidenza. L'avevano battezzata con una gelida sigla, F43 (anche se in realtà aveva un muso molto più adatto a un nome più morbido e bonario, tipo Carlotta o Isotta), quando, nel luglio del 2021, le avevano applicato un radiocollare per il monitoraggio intensivo. Un'orsacchiotta un po' borderline per i canoni dei responsabili dei parchi nella zona di Concei, area della val di Ledro tra le più verdi del Trentino. Per questo avevano deciso di tenerla d'occhio di continuo, troppo girovaga e baldanzosa, e anche eccessivamente incuriosita dalle persone, meglio scongiurare sorprese. Da lì la decisione di montarle il monitoraggio. Ma è stato proprio durante un intervento di routine da parte dei tecnici provinciali per la sostituzione del radiocollare, nella notte tra lunedì e martedì, che qualcosa non è andato come avrebbe dovuto e l'orsa è morta.
Si è accasciata inerme assieme a tutte le avventure che aveva ancora addosso, assieme alle sue mappe dei pollai, alla piantina dei bidoni della spazzatura aggredibili, assieme alle fantasie che si era fatta su quelle strane creature su due zampe che sono gli uomini, assieme agli orsacchiotti che avrebbe potuto mettere al mondo e che, da lei, non nasceranno mai. Carlotta (F43) non c'è più. Dai primi accertamenti dell'equipe veterinaria è emerso che l'animale è deceduto a seguito della posizione assunta nella trappola tubo, nel momento in cui l'anestetico ha fatto effetto. Nella ricostruzione della vicenda, arrivano note gelide quanto il nome che le hanno affibbiato. La Provincia di Trento ha spiegato che le manovre di rianimazione si sono purtroppo rivelate inutili. «La necessità di monitorare in modo intensivo soggetti problematici e di cercare di modificarne il comportamento - sostiene una nota dell'amministrazione provinciale - può comportare incidenti come quello occorso, dati i rischi intrinseci in operazioni delicate, condotte spesso in contesti e condizioni ambientali non facili». Ma le associazioni di tutela degli animali non si accontentano delle giustificazioni, si dicono pronte a mettere in campo i propri avvocati e a coinvolgere la Procura per chiarire l'accaduto. Comunica l'Associazione italiana difesa animali e ambiente (Aidaa): «Sarà presentato un esposto per chiedere l'autopsia sul cadavere e verifiche sulla correttezza delle procedure di cattura». Anche l'Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) chiede sia fatta luce.
Al fuoco di fila si unisce pure l'Ente nazionale protezione animali (Enpa). E il consigliere provinciale del Patt, Michele Dallapiccola, che è anche un veterinario: «Per noi, la morte di un animale che è comunque un paziente, è un fatto triste». Riposa in pace, Carlotta...
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