Addio a "Kaiser Franz" il manager filosofo

È stato numero uno di Mondadori, Fininvest ed Enel. Era noto per le sue capacità di "risanatore"

Addio a "Kaiser Franz" il manager filosofo

«Quando lo incontro in corridoio ho paura che veda anche me come un costo da tagliare». Così scherzava Silvio Berlusconi, e la sua frase è rimasta tra quelle che hanno segnato la carriera professionale di Franco Tatò, morto ieri sera all'Ospedale di San Giovanni Rotondo, dove avrebbe dovuto sottoporsi a un intervento al cuore. I cronisti economici lo avevano soprannominato «Kaiser Franz», e il nomignolo coglieva due tra le sue caratteristiche principali di manager. Per prima la severità, per così dire teutonica, con cui affrontava le situazioni aziendali più difficili, quelle in cui tagliare i costi diventava un'arma fondamentale. A pesare, poi, era la sua passione per la Germania, Paese in cui aveva colto alcuni tra i maggiori successi professionali e a cui ha dedicato più di un libro.

Tatò, lodigiano, classe 1932, era tutt'altro che un semplice «mani di forbice». Allievo del prestigioso Collegio Ghisleri di Pavia, laureato in filosofia con Enzo Paci con una tesi su Max Weber, si forma come executive in una delle scuole manageriali dell'Italia del secondo dopoguerra, l'Olivetti. Per il gruppo di Ivrea gira l'Europa: Londra, Vienna, la Germania, poi diventa numero uno internazionale del settore commerciale. In Germania torna per gestire la Triumph Adler, azienda appena acquistata dall'Olivetti che ha più di un problema di costi ed efficienza. In due anni il risanamento è completato e Tatò è pronto per incarichi ancora più ambiziosi. All'inizio degli anni Novanta Silvio Berlusconi lo chiama alla guida della Mondadori, appena strappata dopo un lungo braccio di ferro all'arci-rivale Carlo De Benedetti. A Segrate la sua immagine pubblica si consolida. Le cronache dell'epoca lo descrivono mentre ogni sera lascia l'elegante sede dell'architetto Niemeyer con la mazzetta degli amati giornali tedeschi sottobraccio; i retroscena raccontano della vicinanza a Marina Berlusconi, che accompagna nei primi passi della carriera manageriale.

All'incarico in Mondadori affianca per poco meno di due anni quello di numero uno operativo del gruppo Fininvest, impegnato in una delicata fase di riorganizzazione e consolidamento. Ma anche questa per il manager lombardo è solo una tappa. Romano Prodi lo chiama alla guida dell'Enel, mastodonte da 100mila dipendenti, viziato dal suo ruolo di eterno monopolista e non da molto trasformato in società per azioni. Tatò guida la quotazione in Borsa e il faticoso adattamento alla nuova realtà di mercato. Con lui il gruppo (che perde più di 20mila dipendenti), entra nel settore delle telecomunicazioni con Wind e nel futuro delle energie verdi. Nel 2002, ormai 20 anni fa, l'addio alla società elettrica. Tatò continua la sua attività professionale con una serie di incarichi di primo piano in diverse aziende. Fino al 2014, ricopre l'incarico di presidente della Parmalat ormai diventata francese e quello di amministratore delegato della Treccani.

Da anni ormai viveva in Puglia, in uno splendido casale a Fasano nel brindisino, con la

moglie, l'ex attrice presentatrice tv Sonia Raule e la loro figlia Carolina. Alla regione in cui viveva (e di cui la sua famiglia era originaria) aveva dedicato uno dei suoi ultimi libri: «Perchè la Puglia non è la California».

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