La mattina è stato visto mentre passeggiava nella Città del Vaticano in buona salute. Nel pomeriggio, l'intervento chirurgico - programmato da tempo - per una protesi all'anca. Poi le complicazioni al cuore. È morto a Roma, appena dieci giorni dopo Benedetto XVI, il Papa che lo ha creato cardinale, George Pell, 81 anni, figura controversa della chiesa australiana e non solo. Dalla forte personalità e carattere, l'ex arcivescovo di Melbourne e di Sydney, tradizionalista, era stato nominato da Papa Francesco come suo stretto collaboratore, prima nel G8, il consiglio dei cardinali, e poi - nel 2014 - come prefetto della Segreteria per l'Economia, una sorta di ministro dell'economia, figura creata da Bergoglio per guidare la riforma nella linea della trasparenza e della pulizia. Chiamato anche «rugbyman» per la sua stazza, ha dovuto affrontare l'accusa di abusi sessuali su minori. Ha trascorso 400 giorni in carcere, poi il ricorso e l'assoluzione piena. Un «servo fedele», lo ricorda Papa Francesco, senza dimenticare la sua «testimonianza coerente e impegnata, la dedizione al Vangelo e alla Chiesa, e particolarmente la solerte collaborazione prestata alla Santa Sede nell'ambito della sua recente riforma economica, della quale egli ha posto le basi con determinazione e saggezza». «Senza vacillare - aggiunge Bergoglio - ha seguito il suo Signore con perseveranza anche nell'ora della prova».
Cordoglio dalla chiesa australiana: «È stato un leader della chiesa significativo e influente, sia in Australia che a livello internazionale, profondamente impegnato nel suo essere discepolo di Cristo» scrive l'arcivescovo di Melbourne, monsignor Peter Comensoli. «I suoi ultimi anni sono stati segnati dall'ingiusta condanna e dalla carcerazione, ma egli l'ha sopportata con grazia e buona volontà e ha dato a tutti noi un esempio di come accettare la sofferenza con dignità e pace» ribadisce Anthony Colin Fisher, arcivescovo di Sydney.
Il porporato era stato condannato per presunti abusi su due chierichetti tredicenni, risalenti agli anni Settanta. Dopo un lungo dibattimento giudiziario, la Corte dello Stato di Victoria aveva ordinato il suo arresto, revocandogli la libertà su cauzione accordatagli dopo l'incriminazione del dicembre 2018. Condannato a una pena detentiva di sei anni, la Corte Suprema dell'Australia, alla luce dei numerosi vizi formali nelle procedure processuali, aveva ammesso la richiesta di appello presentata dai suoi legali. Il cardinale era stato quindi completamente scagionato nell'aprile 2020.
Molto forti i contrasti col principale oppositore in Curia, il cardinale Angelo Becciu, in quel momento sostituto alla Segreteria di Stato. L'avvocato di Pell chiese persino un'indagine internazionale dopo le indiscrezioni, apparse sulla stampa - poi risultate del tutto infondate - secondo cui Becciu avrebbe disposto bonifici per 700mila euro inviati in Australia per «comprare» gli accusatori di Pell nel processo per pedofilia in cui è stato assolto.
«Prego il Signore che lo perdoni per aver alimentato il calunnioso sospetto che fossi stato io a congiurare contro di lui addirittura finanziando i suoi accusatori nel processo per pedofilia in Australia. Sono umanamente dispiaciuto della sua morte, riposi in pace» ha commentato Becciu.
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