Adesso la Bce alza la voce con la Germania "Giù le mani, rispondiamo solo all'Europa"

Il vicepresidente De Guindos: "Qe corretto". Lagarde cerca la mediazione

Adesso la Bce alza la voce con la Germania "Giù le mani, rispondiamo solo all'Europa"

Christine Lagarde non parla. O, meglio, parla d'altro. Meglio stare sul generico, replicare ancora una volta come il Covid-19 sia stato uno «choc simmetrico perchè tutti i Paesi sono stati colpiti dalla medesima causa uno dopo l'altro mentre la risposta è stata asimmetrica». Un refrain ormai svuotato di significato. Altro vorremmo sentire, dalla presidente della Bce: magari una parolina di commento alla sentenza di martedì scorso della Corte Costituzionale tedesca, a quel tentativo di minare l'autonomia della banca centrale limitandone il raggio d'azione. A quell'idea di trasformare un bazooka che fu di Mario Draghi, e che ora sta nelle mani di Madame, in una pistola ad acqua. Alla silente Christine, si contrappone però il vocione di Luis De Guindos, vicepresidente dell'Eurotower: «La Bce è sotto la giurisdizione della Corte di Giustizia dell'Ue e ovviamente rendiamo conto al Parlamento europeo». Messaggio forte e chiaro, lanciato in video conferenza alla commissione Affari economici di Bruxelles: la banca centrale non piegherà la testa davanti alle toghe rosse di Karlshrue. La Consulta della Germania non è insomma über alles, né può pretendere che le norme tedesche prevalgano su quelle Ue.

La Lagarde sembra invece lavorare sotto traccia, in un gioco d'equilibrismo teso a soddisfare le richieste dei giudici, ma senza che sia messo in discussione il sacro principio dell'indipendenza dell'istituto di Francoforte. Non sarà facile: almeno quattro governatori sarebbero contrari a dare una risposta alla Consulta tedesca. Ma il silenzio dell'ex capa dell'Fmi sarebbe anche mirato a non urtare la sensibilità del suo «azionista di maggioranza, la Bundesbank. Perché, dopo averlo per anni osteggiato in ogni modo, potrebbe essere proprio il numero uno della Buba Jens Weidmann a ergersi a paladino del Qe, magari su pressione di Angela Merkel. Un'altra ipotesi è di accelerare la parte della strategic review lanciata a gennaio e dedicata al Qe, in modo da dare una risposta alle toghe rosse espletando un esercizio già programmato in maniera autonoma dal consiglio direttivo.

Dalle parole di De Guindos appare chiaro che la rotta non verrà cambiata. Del resto, il Qe è al momento l'unico strumento di contrasto ai disastri provocati dal Covid-19. L'istituto di Francoforte «è più determinato che mai» nel sostenere l'economia, dice il numero due dell'Eurotower. E ciò vale anche per il più recente piano di acquisti (Pepp), ancora più a rischio di bocciatura proprio perché abbatte due monoliti finora intoccabili come la regola della capital key e il limite del 33% per l'acquisto di titoli di Stato. «La Bce - ha avvertito il banchiere spagnolo - continua a essere pronta a effettuare ulteriori aggiustamenti» delle sue misure di politica monetaria.

De Guindos si è detto convinto, a differenza della Corte tedesca, dell'assoluta proporzionalità del piano di acquisti. «Cerchiamo di valutare continuamente gli effetti collaterali delle nostre politiche. Dopo aver analizzato tutti gli elementi e tutte le informazioni prendiamo una decisione e quando lo facciamo è perché i vantaggi di una certa politica sono superiori agli effetti negativi.

Non lavoriamo in una torre d'avorio». In ogni caso, «c'è bisogno di un accordo politico per costruire strumenti appropriati a una risposta comune». Ecco perché la Bce è «a favore del Recovery Fund, anzi crediamo che sia assolutamente necessario».

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