Era aprile, l’Italia era si trovava nel pieno della fase più dura delle chiusure anti covid, e già dalla Sicilia si iniziava ad intuire che la sovrapposizione dell’emergenza sanitaria e quella migratoria avrebbe creato una miscela potenzialmente esplosiva. Nel giorno di Pasqua ad esempio, 32 sindaci dell’agrigentino avevano scritto una lettera al presidente del consiglio Giuseppe Conte per lamentare problemi importanti relativi all’accoglienza.
Pochi giorni prima il sindaco di Lampedusa, Totò Martello, aveva chiesto per la prima volta una nave dell’accoglienza in cui far trascorrere le quarantene a chi sbarcava. E questo perché, nonostante il coronavirus, in Sicilia si continuava ad arrivare ed a Pozzallo la scoperta del primo migrante positivo al covid ha destabilizzato il sistema dell’accoglienza. Strutture riaperte, comuni già alle prese con la grave crisi dettata dalle chiusure si sono ritrovati a ricevere decine di migranti all’interno di alcuni edifici.
Oggi il problema è di livello nazionale: il grido giunto in pieno lockdown dalla Sicilia è rimasto inascoltato ed ora sono molti sindaci, da nord a sud, a chiedere al governo di intervenire. Il motivo è presto detto: garantire misure di distanziamento sociale nelle strutture di accoglienza è difficile, trovare nuove strutture quasi impossibile e nelle ultime settimane sono aumentati i casi di migranti i cui tamponi hanno dato esito positivo.
Un caso emblematico è arrivato questa settimana da Potenza: qui sono stati portati 26 bengalesi sbarcati qualche giorno prima a Lampedusa che, dopo alcuni controlli, sono risultati positivi al coronavirus. Persone quindi contagiate, le quali sono riuscite ad uscire senza problemi dall’isola in cui erano sbarcati e ad attraversare il meridione fino a giungere in un centro di accoglienza del capoluogo lucano.
“Non accada più – ha tuonato sull’Huffington post il sindaco Mario Guarente – sono arrivati da Lampedusa con certificati che dicevano che erano negativi, questo è un fatto gravissimo, che ha messo a repentaglio la salute degli operatori delle cooperative e della comunità e che non deve ripetersi”.
Una rabbia, quella del primo cittadino di Potenza, condivisa con il suo collega di Brindisi: qui almeno 30 tunisini degli 80 giunti da Lampedusa sono scappati mentre erano in quarantena in una struttura poco lontana dal centro. Ed il sindaco Riccardo Rossi ha chiesto all’esecutivo provvedimenti urgenti: “Abbiamo chiesto al Governo – si legge in una sua recente dichiarazione – che questo sia l’ultimo arrivo perché quella struttura, che fino a qualche giorno prima che ci inviassero i migranti da tenere in quarantena era un Cara, non è adeguata né dal punto di vista logistico né del personale a gestire una situazione come questa, prettamente sanitaria”.
Guarente e Rossi politicamente parlando sono in apparenza agli antipodi: leghista il primo, rappresentante di una coalizione di centro – sinistra il secondo. Eppure hanno lanciato medesimi appelli ed hanno messo in evidenza la stessa rabbia, che è poi quella dei cittadini. In tanti, dalla Sicilia alla Calabria, così come in Campania, nelle ultime settimane hanno manifestato contro l’apertura di centri di accoglienza, da dove spesso si è riusciti a fuggire, in cui sono stati aggrediti poliziotti, come ad esempio accaduto al Villa Sikania di Siculiana, e dove le condizioni non sembrerebbe garantire il distanziamento sociale richiesto invece a tutto il Paese.
Fughe dalle strutture di accoglienza sono state registrate in provincia di Pesaro, così come in Umbria, situazioni critiche riscontrate anche all’interno dell’hotspot di Taranto. I migranti stanno continuando ad arrivare, il numero di coloro che vengono trovati positivi è cresciuto nelle ultime settimane e, contestualmente, la macchina dell’accoglienza non sembra reggere l’onda d’urto di due crisi contemporanee, quella sanitaria appunto e quella migratoria.
E adesso? Forse, in vista dei mesi tradizionalmente più delicati sul fronte degli sbarchi, potrebbe essere troppo tardi: prefetture, enti e forze dell’ordine dovranno fronteggiare numeri che aumentano con lo stesso ritmo dell’insofferenza di sindaci e cittadini.
Con la prospettiva che, viste anche le condizioni delle curve dei contagi in alcuni dei Paesi da cui si parte maggiormente verso l’Italia, a partire da Libia e Bangladesh, sempre più migranti contagiati potrebbero arrivare lungo le nostre coste.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.