"Admiral Makarov a fuoco" l'esultanza degli ucraini. Ma Mosca nega l'attacco

La fregata centrata dal missile Neptun al largo dell’isola dei Serpenti: sarebbe danneggiata. Nell’area da giorni al lavoro droni americani Global Hawk. Il Cremlino smentisce: tutto va secondo i piani. Il Pentagono non conferma ufficialmente

"Admiral Makarov a fuoco" l'esultanza degli ucraini. Ma Mosca nega l'attacco

Dopo l'affondamento della Moskva era considerata il fiore all'occhiello della flotta russa. Ma anche l'Admiral Makarov, l'ultima e più moderna fregata della sua classe, varata nel 2017, è stata colpita al largo dell'isola dei Serpenti, nel Mar Nero, più o meno nello stesso punto in cui a metà aprile si era inabissato l'incrociatore. La nave ieri era in fiamme dopo essere stata colpita da un razzo ucraino, anche se mancano conferme indipendenti, non ci sono video o foto dell'incendio come nel caso della Moskva e anche il Pentagono dice di non avere riscontri.

Secondo il deputato popolare Oleksiy Goncharenko, che ha dato la prima notizia ufficiale sul suo canale Telegram dopo che nella notte erano cominciate a circolare voci dell'attacco, sarebbe stato un missile Neptun, dello stesso tipo di quello che ha fatto colare a picco l'incrociatore a centrare l'Admiral Makarov provocando un incendio a bordo. «Fonti russe non ufficiali riferiscono che la nuovissima fregata missilistica Admiral Makarov è nei guai. Secondo le prime informazioni, la fregata non è stata in grado di schivare il missile antinave ucraino Neptun. La nave è gravemente danneggiata, ma rimane a galla. Per adesso». Intorno all'Isola del Serpenti nell'ultima settimana ci sono state diverse incursioni da parte dei droni ucraini TB-2 che hanno colpito e distrutto alcune postazioni missilistiche e una motovedetta. E si ipotizza che a fornire informazioni utili per l'attacco alla Makarov possa essere stato un drone da ricognizione Global Hawk dell'aeronautica militare americana avvistato a Sud della stessa aerea. Tanto che, già prima del post di Goncharenko, alle otto del mattino italiane il sito della rivista americana Forbes aveva riferito di voci su un possibile attacco alla fregata.

«Mosca ha perso una nave», ha annunciato lo Stato maggiore di Kiev, secondo il quale sarebbero partite operazioni di soccorso con l'utilizzo di numerose imbarcazioni provenienti dalla Crimea e aerei russi che sorvolavano l'area. La notizia ieri non è stata confermata dal Cremlino, il cui portavoce, Dmitri Peskov, rispondendo ai giornalisti ha detto di non avere informazioni riguardo all'attacco e che «tutto procede secondo i piani». Se davvero fosse andata come sostiene Kiev, per gli ucraini sarebbe un successo importante. Avrebbero raggiunto un obiettivo prezioso, il secondo in poco tempo, mettendo fuori uso la nave più moderna della flotta russa dopo la Moskva. Dal suo affondamento la Russia può contare soltanto su tre fregate della classe Admiral Grigorovich, armate con 24 missili terra-aria a medio raggio Buk e otto missili da crociera Kalibr. Quella colpita ieri era la migliore delle navi combattenti rimasta a Putin e se l'attacco verrà confermato per il Cremlino sarà una nuova pagina nera di questo conflitto.

Anche la Makarov, come la Moskva, non era una nave qualunque per i russi. Un anno dopo essere stata varata, nel luglio 2018 aveva sfilato nelle acque davanti a San Pietroburgo nella parata navale della giornata dedicata alla Marina. L'ultimo gioiello della flotta del mar Nero era entrato in servizio il Natale precedente, diventando il più moderno della classe Admiral Grigorovich, con base a Sebastopoli. Da lì la nave era salpata pochi mesi dopo per la sua prima missione raggiungendo il gruppo navale impegnato nel Mediterraneo orientale, al largo della Siria. Quando è stata lanciata l'offensiva in Ucraina, era già testata per essere schierata insieme alla capofila e all'Admiral Essen, partecipando ad aprile a un attacco a Odessa. Lunga quasi 125 metri, 4mila tonnellate di stazza e un equipaggio di 200 persone, la Makarov può scortare altri mezzi e attaccare obiettivi a terra. L'impiego di queste nevi nel conflitto è apparso finora limitato, anche perché sarebbero state prevalentemente tenute a un centinaio di chilometri dalla costa proprio per evitare gli attacchi.

Se il raid rivendicato da Kiev fosse confermato, per la flotta di Putin sarebbe un altro duro colpo, dopo l'affondamento della Moskva e la distruzione a marzo della nave da sbarco Saratov, affondata nel porto di Berdiansk dopo essere stata colpita dai droni, gli stessi che hanno danneggiato anche la Caesar Kunikov e la Novocherkassk.

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