«Sto pagando per essermi fatto corrompere da quella sinistra che mi ha utilizzato e non mi vuole più sentire. Nelle mie coop non è stato trovato nessun reato, nessun omesso versamento. Il convento era ricco e i frati poveri, non come in quelle coop vicine a Aboubakar Soumahoro», il deputato dei Verdi-Sinistra finito nella bufera per gli affari poco trasparenti delle sue coop «cui hanno trovato un patrimonio da 30 milioni di euro, mentre io sono stato trovato con poche cose...».
Appena ha messo il piede fuori dal carcere di Catanzaro, l'ex ras delle cooperative romane Salvatore Buzzi ha deciso di puntare il dito sui suoi ex amici e di svelare la sua verità sugli affari legati all'accoglienza, frutto di «un pesante e grave inquinamento della cosa pubblica» che lo ha portato in galera. Lo ha fatto con un'intervista esclusiva al giornale L'Identità diretto da Tommaso Cerno destinata a far scoppiare quel che resta del Pd. Nei giorni in cui la sinistra si accorge che dietro l'arrivo indiscriminato dei migranti si cela uno spaventoso business (vedi Repubblica qualche giorno fa) Buzzi rivela una verità indicibile per molti: la sinistra ha lucrato sui disperati che arrivano sulle coste italiane. «Ho dato dei soldi, ho corrotto qualcuno, ci può stare. Tante corruzioni me le hanno addossate perché ho assunto delle persone su segnalazione dei politici di sinistra. La mia casa madre era quella. Quando servivo il mio telefono squillava ogni secondo...».
È passato solo un anno dalla condanna definitiva della Cassazione a 12 anni e 10 mesi nel processo Mondo di mezzo che ha disvelato il sistema criminale stile Suburra che ha condizionato gli appalti pubblici (dai migranti al verde pubblico) di Roma Capitale, utilizzata «come una mucca da mungere» grazie alla regia dell'ex Nar Massimo Carminati. Buzzi avrebbe dovuto scontare altri quattro anni scarsi nel carcere di Catanzaro per associazione per delinquere (senza l'aggravante mafiosa, depennata nel 2019 dalla Cassazione), corruzione, turbata libertà degli incanti e trasferimento fraudolento di valori. Esattamente un anno fa i Ros l'avevano trovato a Lametia Terme, in Calabria, ospite della coop Malgrado tutto. Nei giorni scorsi è uscito per un errore formale che lo stesso Buzzi spiega al suo intervistatore, Edoardo Sirignano, e che racconterà in un libro scritto insieme a Umberto Baccolo di Nessuno Tocchi Caino dal titolo Mafia Capitale - La gara Cup del Pd di Zingaretti, edito dalla Bussola editrice. «Ero in comunità per curarmi dall'alcolismo dovuto alla depressione, non potevo essere arrestato». Per la Cassazione è stato un incidente di esecuzione, ha fatto undici mesi e sei giorni di ingiusta detenzione, e questo spalanca la strada a una richiesta di risarcimento danni che sa di beffa. «Avevo ragione, la giustizia con me è stata al di poco sopra le righe», lamenta Buzzi, sostenendo di essere l'unico in Italia che ha preso dodici anni e dieci mesi per corruzione. «Impossibile trovarne un altro. L'avvocato Pietro Amara, che ha corrotto magistrati, ha patteggiato tre anni e mezzo», ricorda.
L'ex ras delle coop rosse fa una chiamata in correità di «altri soggetti, che hanno sbagliato come me, non sono nemmeno inquisiti, ma archiviati». Se la prende con la moglie di Soumahoro e soprattutto con la suocera, «artefice di quel disastro ma a piede libero.
Questa è la giustizia in Italia», sibila Buzzi, che straparla di giustizia ingiusta («Eva Kaili è una mia eroina»), accusa il Guardasigilli Carlo Nordio («Si è rimangiato quello che scriveva sul Messaggero») e ha un pensiero anche per il suo carnefice, l'ex procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone: «Gente di sinistra che è cresciuta con me non ha detto nulla sulle accuse di mafia. In questo modo avrebbero pure aiutato Pignatone a non fare una bruttissima figura». Mai come quella che da oggi farà il Pd.
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