Affari d'oro pure per gli okkupanti

Migranti sfruttati dai movimenti antagonisti: costretti a pagare affitti in nero

Affari d'oro pure per gli okkupanti

E l'immigrazione diventa un affare anche per quelli che sognavano di rivoluzionare il mondo. No Tav, no Expo, lotta dura e immigrati senza paura: dalle bandiere rosse al business nero, il passo è breve. Hasta l'appalto, comandante Prefetto. Prendete la Terra del Fuoco: è un'associazione di Torino, vicina alla sinistra radicale, nata nel 2001 e impegnata su tanti fronti, dalle celebrazioni della Resistenza alla lotta alle discriminazioni, dal Treno della Memoria per Auschwitz alla gestione dei campi rom. Poteva non farsi attirare dalle sirene del business dei profughi? Macché. Infatti, a partire dal luglio 2013, Terra del Fuoco sigla una serie di accordi con il sindaco di Torino per gestire una parte consistente dei 154 richiedenti asilo assegnati al Comune, incassando in totale 500.000 euro. La gestione non è perfetta: fra i giustificativi di spesa spuntano anche richieste di rimborsi un po' strane, come quelle delle cipolle dorate, dei bollitori, o di olio di semi di girasole, oltre a svariate parabole e decoder. Lo stesso Comune avanza a più riprese contestazioni per «inadempienze e problematiche», la condizione degli alloggi viene messa sotto accusa perché ritenuta non corrispondente ai requisiti richiesti. Eppure, nonostante questo, inspiegabilmente, lo stesso Comune continua, per due anni, a rinnovare automaticamente il contratto, siglato per altro nella più totale discrezionalità e senza alcun bando di gara. Alla fine interviene l'Autorità anticorruzione, cioè il magistrato Raffaele Cantone, che nell'aprile 2015 chiede conto di questo comportamento non proprio limpidissimo. Ma che cosa succede nel frattempo? Nel medesimo mese di aprile 2015 Terra del Fuoco, insieme ad altre associazioni torinesi, occupa un edificio pubblico, la storica caserma La Marmora di via Asti, 28.000 metri quadrati di proprietà dello Stato. Prima dice che si tratta di un atto simbolico. Poi, invece, l'occupazione dura per alcuni mesi, fino allo sgombero di novembre, anche grazie all'appoggio di buona parte dei salotti buoni torinesi: dentro l'edificio vengono organizzati mense, dormitori, attività di ricreazione, arrivano gruppi anarchici, gruppi di rom, un po' di tutto insomma, come in genere succede in queste situazioni fuori da ogni regola e di conseguenza incontrollate.E in molti si chiedono: è legittimo che il Comune scelga come propri partner, per la gestione degli immigrati, associazioni che si macchiano di palesi ed evidenti illegalità? Purtroppo non solo è possibile, ma il contratto con Terra del Fuoco viene ancora rinnovato anche per il mese di luglio 2015 (14.597 euro incassati dagli «occupanti»), prima che il Comune, obbedendo ai suggerimenti dell'Autorità anticorruzione, rinunci agli affidamenti diretti per indire regolare gara, con conseguente uscita di scena dell'associazione rossa. Tutto è bene quel che finisce (si fa per dire) bene? Macché. Nel frattempo, infatti, una costola dell'associazione Terra del Fuoco, cioè la cooperativa Babel, nata per l'occasione nel gennaio 2015, ha vinto un bando di gara per la gestione di ben 260 richiedenti asilo per conto non più del Comune ma della Prefettura. L'appalto risulta aggiudicato al prezzo di 34,5 euro per ogni straniero, per il periodo che va dal 1° marzo al 31 dicembre 2015. In tutto, dunque, sono oltre 2,5 milioni di euro. Non male per chi a tempo perso va in giro a occupare abusivamente le caserme, non vi pare?***Eppure, ormai si sa che le occupazioni possono essere pericolose. Illegalità genera illegalità, anche i migliori propositi possono sfociare nel trionfo dello sfruttamento. Come, secondo le accuse della Procura, sarebbe successo a Roma. Qui il Comitato popolare di lotta per la casa aveva occupato quattro edifici, due scuole, una clinica e un ex convitto. E aveva cominciato a organizzarci spettacoli, concerti, dibattiti, addirittura un'osteria. Tutto abusivo, per l'appunto. Ma che cosa succedeva, poi, dietro tutto ciò? Sempre stando ai documenti dell'inchiesta, gli immigrati venivano abbondantemente sfruttati. Non per trarne guadagni leciti, come in altri casi, cioè non per incassare regolarmente i soldi della Prefettura o dei Comuni. Ma per estorcere loro denaro, e in alcuni casi anche altre prestazioni. In modo, secondo la Procura, evidentemente illegale.Il Comitato popolare di lotta per la casa, infatti, avrebbe affittato in nero le stanze degli edifici occupati: si sarebbe fatto dare dagli extracomunitari cifre variabili, da 20 a 200 euro al mese, che poi diventavano 500 se quei disperati chiedevano di ospitare anche un parente. Un bel business, no? Quasi meglio dell'osteria. Ma non è tutto: per non essere sbattuti fuori dalle case occupate da un giorno all'altro, gli extracomunitari sempre secondo la Procura dovevano anche sottostare alle precettazioni dei pasdaran del Comitato, che li obbligavano a partecipare a manifestazioni, sit in, blocchi stradali, ecc. Alcuni venivano pure costretti a fare le pulizie o a preparare cibo per gli incontri organizzati dal Comitato con giornalisti e politici.Non è meraviglioso? Le parole della solidarietà usate per coprire lo sfruttamento dell'immigrato. Sfruttamento senza pietà, per altro. Infatti chi non s'adeguava, sempre stando a quello che dice la Procura, se la passava male: a 22 esponenti del comitato sono stati contestati estorsione, violenza privata, ingiuria e minaccia «al fine di realizzare profitti illeciti, anche di natura patrimoniale». Cioè: o pagavano o li malmenavano. E non è tutto. A Natale e in occasione del compleanno della capa del Comitato popolare di lotta, Pina Vitale, gli occupanti sarebbero stati obbligati a versare un obolo di 100 euro a testa per farle un regalo. Poi ci sarebbe stato anche l'extra: infatti, stando agli atti, Pina a un certo punto espresse il desiderio di avere una piscina gonfiabile. E così gli immigrati hanno dovuto mettere mano agli spicci per comprargliela.

I documenti dell'inchiesta mettono in evidenza che, per altro, la piscina era riservata all'uso esclusivo della capa del Comitato di lotta. Gli occupanti gliel'hanno pagata e gliela dovevano tenere pulita. Ma a loro era rigorosamente vietato usarla. Alla faccia delle lotte popolari.

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