Un disegno di legge che non porta solo il nome di chi l'ha proposto. Ma che, secondo le fonti governative leghiste, sarebbe "un'iniziativa autonoma del senatore Simone Pillon", mai sottoposta al giudizio preventivo del ministro della Famiglia, e collega di partito, Lorenzo Fontana. Il ddl in questione è quello sull'affido condiviso, che porta il suo nome e di cui il senatore bresciano è il primo firmatario. E che, in queste settimane, ha fatto molto discutere.
Il testo, che Luigi Di Maio avrebbe chiesto di modificare, avrebbe lasciato perplesso anche il ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Il confronto interno al partito del leader leghista è stato avviato per valutare modifiche al ddl nel corso del suo iter parlamentare che, comunque, prevederebbe tempi non brevissimi, con l'auspicio che, alla luce delle criticità emerse, possa essere migliorato.
Che cos'è la proposta PIllon
Il ddl che porta il numero 735 e che, in questo momento è all'esame della commissione giustizia in Senato, è stato presentato da uno degli organizzatori del Family Day il 1° agosto 2018. Vorrebbe garantire "l'affido condiviso, il mantenimento diretto e la garanzia di bigenitorialità". Cioè riformare il diritto di famiglia e, in particolare, la custoria dei figli e la loro sussistenza in caso di separazione. L'articolo 7 modificherebbe l'articolo 706 del codice di procedura civile. Quindi, una coppia, con figli minorenni con l'intenzione di separarsi, dovrebbe prima intraprendere, obbligatoriamente, un percorso di mediazione familiare, prima che il caso arrivi davanti a un giudice "a pena di improcedibilità". Con la mediazione affidata a soggetti privati, iscritti a un apposito albo istituito dal ddl, gli ex coniugi dovrebbero poi arrivare alla condivisione di un "piano genitoriale" per una gestione condivisa dei figli. Il piano definirebbe i "luoghi abitualmente frequentati dai figli", la "scuola e il percorso educativo del minore", le "eventuali attività extrascolastiche, sportive, culturali e formative" e le "vacanza normalmente godute". Secondo alcuni esperti, la mediazione affidata ai privati potrebbe implicare un aumento delle spese per chi vorrà divorziare o separarsi. Con diverse criticità legate, per esempio, alla violenza domestica sulle donne. Le madri vittime di abuso, infatti, sarebbero costrette a ricorrere a un accordo con il partner violento.
Le (possibili) conseguenze sui figli
L'articolo 11 riformerebbe poi l'articolo 337-ter del codice civile. Secondo il ddl, il figlio minore dovrebbe trascorrere con entrambi i genitori tempi paritetici o equipollenti, salvo i casi di impossibilità materiale. Nel ddl si legge, infatti: "Indipendentemente dai rapporti interccorrenti tra i due genitori, il figlio minore, nel proprio esclusivo interesse morale e materiale, ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con il padre e la madre, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambe le figure genitoriali, con paritetica assunzione di responsabilità e di impegni e con pari opportunità". Al minore, inoltre, verrebbe impedito di scegliere con quale genitore risiedere e come trascorrere il tempo (le attività dovrevbbero essere stabilite dal piano genitoriale).
Nessun assegno di mantenimento
Il ddl introdurrebbe la sussitenza diretta sulla base della parificazione del tempo passato dal minore con i genitori e, di conseguenza, prevederebbe l'abolizione dell'assegno di mantenimento per il genitore presso cui il minore risiede. La sussistenza diretta prevederebbe un'equa ripartizione delle spese ordinarie e straordinarie, in proporzione al reddito e in base a quanto stabilito dal piano concordato con il mediatore. Senza accordo deciderebbe il giudice.
La casa da pagare
L’articolo 14 del ddl introdurrebbe delle novità anche sulla gestione della casa di famiglia. Nel caso in cui la casa di famiglia sia cointestata ai due ex coniugi, chi rimanesse nella casa familiare dovrebbe pagare un canone a chi lascia. Inoltre “non può continuare a risedere nella casa familiare il genitore che non ne sia proprietario o titolare di specifico diritto di usufrutto, uso, abitazione, comodato o locazione e che non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio”.
L'accusa di "manipolazione"
Secondo gli articoli 17 e 18 del ddl Pillon, dopo il rifiuto di uno figlio di vedere il genitore, l'altro potrebbe essere accusato di "manipolazione". Il giudice, in questo caso, potrebbe disporre un provvedimento d'urgenza che prevede "la limitazione o sospensione della sua responsabilità genitoriale".
Il giudice potrebbe chiedere anche il “collocamento provvisorio del minore presso apposita struttura specializzata, previa redazione da parte dei servizi sociali o degli operatori della struttura di uno specifico programma per il pieno recupero della bigenitorialità del minore”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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