«Il Piano si ispira a una linea seria, prudente e responsabile e, coerentemente, con l'azione che il governo porta avanti fin dall'inizio». Così il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, ha nuovamente presentato ieri in Consiglio dei ministro il Piano strutturale di Bilancio (Psb) contenente, dopo la revisione Istat di lunedì, i numeri definitivi sul quadro macroeconomico programmatico. Il senso del messaggio è: crescita e rigore possono stare assieme. Attenzione ai redditi medio-bassi, alla natalità e alle imprese (quindi al lavoro) si coniugano con il messaggio che per gli evasori è finita la pacchia, a partire dagli affitti brevi.
Il deficit è atteso al 3,8% del Pil quest'anno (4,3% la stima del Def di aprile) grazie al positivo andamento delle entrate. L'obiettivo è il 3,3% nel 2025 e il 2,8% nel 2026, con conseguente uscita dalla procedura per deficit eccessivo. Questo non significa che tra tre anni si potranno di nuovo buttare i soldi dalla finestra, come fatto per il Superbonus. Il rapporto debito/Pil, in calo a fine 2023 al 134,8%, nel triennio 2024-2026 salirà per effetto delle agevolazioni edilizie. Contestualmente al rientro del deficit, dal 2027 si dovrà iniziare a ridurre quegli oltre 3.000 miliardi (il tetto sarà sfondato tra qualche mese) di almeno un punto percentuale di Pil all'anno.
Il debito calerà perché la crescita del prodotto non si fermerà (nel 2025-2026 dovrebbe essere sempre all'1,2%) ma anche perché il Psb fissa il tasso di crescita della spesa primaria netta fino al 2031 rispettando il vincolo dell'1,5% del Pil medio. Un percorso che la prossima legislatura non potrà modificare, pena la riscrittura di un nuovo Psb da presentare a Bruxelles.
Conclusi con i numeri i temi della «serietà» e della «prudenza», si viene alla parte della «responsabilità», ossia come il governo intende indirizzare le politiche economiche. Anche in questo caso, però, si inizia dalle stime. Il Psb conferma che il taglio del cuneo per i redditi fino a 35mila verrà reso strutturale creando un effetto benefico sul Pil dello 0,2% l'anno prossimo, dello 0,4% nel 2026 e dello 0,5% dal 2027 in poi.
Il Psb si inserisce nel solco del Pnrr (che porterà un 2,2% aggiuntivo di Pil al 2031) e, dunque, ha l'obiettivo di tenere insieme riforme e investimenti, che sono i veri motori del Pil. A questo proposito, è previsto il varo di un ddl per la realizzazione delle infrastrutture di preminente interesse nazionale per accelerare i tempi delle grandi opere necessarie anche sul fronte logistico. Il fiore all'occhiello della politica economica non è solo il taglio del cuneo ma anche della decontribuzione per le lavoratrici madri (fino a 3.000 euro annui nel 2024-2026 per chi ha 3 figli, quest'anno valida anche per chi ha due figli). Confermata, inoltre, l'intenzione di escludere alcune voci di spesa dal calcolo Isee per ampliare ulteriormente la platea dell'assegno di inclusione. Si intende, inoltre rivedere la soglia di pensionamento a 65 anni per i dipendenti pubblici consentendo loro di restare al lavoro.
L'impatto minimo della correzione di bilancio sul Pil e lo spazio per questi interventi deriverà dall'attuazione della riforma fiscale in ottica anti-evasione. In primo luogo, l'obbligo del Cin (codice identificativo nazionale) per gli affitti brevi, scattato il primo settembre, consentirà di «potenziare il sistema informativo della fiscalità e l'interoperabilità delle banche dati», cioè tutte le risultanze di ogni contribuente - conti correnti inclusi - in possesso dell'Agenzia delle Entrate. Ad avvantaggiarsene in primo luogo dovrebbero essere Irpef e Imu. Seguirà l'incrocio tra registro dei corrispettivi (scontrini) e pagamenti elettronici che faciliterà gli incassi di Irpef, Ires e Iva. Prevista poi la mappatura delle aree a rischio di evasione e di frode per concentrare sempre più i controlli. Ovviamente, per chi vuole approfittare del Fisco amico resteranno sempre le strade del concordato preventivo biennale e dell'adempimento collaborativo che sarà potenziato.
La soglia di ricavi oltre la quale si può accedere calerà da 750 milioni a 500 milioni di euro nel 2026 e 100 milioni nel 2028 per garantire a molte aziende i vantaggi di un rapporto più sereno sia nella riduzione delle sanzioni che nell'accesso al contraddittorio.
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