Afghanistan, l'Isis assalta prigione per liberare i suoi adepti: 38 morti

Governo e talebani trattano uno scambio di prigionieri, ma non i 500 jihadisti. L'attacco con un'autobomba: almeno 50 i feriti

Afghanistan, l'Isis assalta prigione per liberare i suoi adepti: 38 morti

I seguaci del califfo in Afghanistan rialzano la testa. Un commando dello Stato islamico ha preso d'assalto la prigione di Jalalabad per liberare i suoi adepti, circa un terzo dei 1500 detenuti. La battaglia si è trasformata in massacro con 38 morti, compresi civili, ma il numero potrebbe aumentare e una cinquantina di feriti.

L'attacco non è scattato a caso domenica, l'ultimo giorno di tregua rispettata dai talebani per portare avanti lo scambio di prigionieri con il governo afghano, primo passo verso un negoziato di pace diretto. I seguaci delle bandiere nere non sono compresi nello scambio e il gruppo jihadista punta a fare saltare qualsiasi accordo che porti il paese fuori dal tunnel della guerra.

Solo dopo venti ore di aspri scontri gli assalitori sono stati uccisi o catturati dalle forze di sicurezza afghane. L'assalto è iniziato domenica sera alle 18.45 locali con un terrorista suicida al volante di una macchina imbottita di esplosivo, che si è lanciato come un ariete contro l'ingresso della prigione. Subito dopo è scattato l'attacco di un commando armato fino ai denti, votato alla morte, che ha preso d'assalto il carcere e si è asserragliato almeno in un edificio circostante, un centro commerciale. L'obiettivo principale era la liberazione di più prigionieri possibili dello Stato islamico.

Un'alta colonna di fumo nero si è alzata dall'area del carcere di Jalalabad, l'importante città commerciale sulla strada che porta da Kabul al Pakistan. É il capoluogo della provincia di Nangarhar, roccaforte dell'Isis. Il giorno prima dell'assalto il governo afghano aveva annunciato l'eliminazione di un importante comandante dei seguaci delle bandiere nere, che chiamano l'Afghanistan la «provincia di Khorasan dello Stato islamico». Il Khorasan è un antico e ampio territorio non solo afghano, che si espande nelle confinarie repubbliche ex sovietiche dell'Asia centrale.

Quasi tutti i prigionieri sono fuggiti per poi venire in gran parte catturati nelle vie di Jalalabad. L'Isis, però, ha annunciato di avere «liberato» centinaia di seguaci, che andranno a rimpinguare le forze del califfo stimate dall'Onu in 2200 uomini. I corpi speciali afghani con l'aiuto Usa sono intervenuti in forze con blindati e l'appoggio dall'aria di droni e elicotteri. La squadra votata alla morte dell'Isis ha combattuto per 20 ore. Ieri pomeriggio Fawad Aman, portavoce del ministero della Difesa di Kabul ha dichiarato che «l'attacco al carcere è concluso e la prigione è di nuovo sotto il controllo delle forze afghane». Aman ha confermato l'uccisione di cinque assalitori e l'arresto di altri tre, mentre il capo della polizia di Nangarhar, Emal Niazi, ha detto che sono stati eliminati tutti. I talebani hanno negato ogni responsabilità attraverso uno dei loro portavoce, Suhail Shaheen: «Abbiamo rispettato il cessate il fuoco e non siamo coinvolti in alcun attacco».

Proprio fra il venerdì dell'Eid, importante festa islamica e domenica, sono stati liberati altri 300 prigionieri talebani. Adesso sono 4900 gli insorti rilasciati dal governo rispetto ai 5mila previsti in cambio di un migliaio di prigionieri governativi in mano agli studenti guerrieri.

Lo scambio è la condizione preliminare concordata a Doha con gli americani per gli incontri diretti fra il comitato nominato dal presidente afghano Ashraf Ghani ed i talebani. L'attacco di Jalalabad potrebbe essere solo il primo di una serie di azioni spettacolari delle bandiere nere per fare deragliare il negoziato e continuare la guerra.

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