Aggrediti 2.500 medici. "Stop turni di notte da soli. Serve l'esercito in corsia"

Le richieste delle associazioni di categoria. Il governo prepara la direttiva sulla sicurezza

Aggrediti 2.500 medici. "Stop turni di notte da soli. Serve l'esercito in corsia"

Le ore che ha passato sui libri di medicina sono infinite, la gioia il giorno della laurea impagabile. Eppure, a soli 28 anni, Adelaide Andriani, ha deciso di lasciare la professione medica. La specializzanda, aggredita al collo mentre era di turno come guardia medica a Udine, si è spaventata così tanto ha scelto di appendere il camice bianco, ancora immacolato. «Ci stavo pensando da tempo. Questo episodio è stata l'occasione per decidere di fare altro».

Che una giovane dottoressa abbandoni la professione all'inizio della sua carriera è una sconfitta per tutta la categoria dei medici, che non solo sono sottopagati, incastrati in doppi turni e ferie saltate, ma sono anche a rischio, sempre di più. Ridare appeal alle professioni sanitarie è una delle missioni del nuovo governo per risolvere il problema della fuga dagli ospedali e della carenza dei medici in corsia, ma per farlo è necessario garantire sicurezza e incolumità.

È di ieri la notizia di un altro medico aggredito a Palermo: i parenti di una paziente, che volevano entrare in reparto fuori dagli orari di visita, lo hanno preso a calci, pugni e gli hanno lanciato addosso una scrivania lussandogli una spalla.

Secondo un rapporto dell'Inail, ogni anno in Italia si verificano almeno 2.500 episodi violenti nei confronti dei professionisti della sanità.

«Bisogna prevedere la presenza dell'Esercito e delle forze dell'Ordine innanzitutto nei presidi ospedalieri a maggior rischio perchè in aree più disagiate, ed avviare una sperimentazione da estendere poi eventualmente a tutto il territorio nazionale. Ma non solo: stop ai turni di notte nelle guardie mediche se si lavora da soli, prevedendo accordi con il sistema 118 per l'assistenza notturna» è la proposta del presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli. Il vice presidente Fnomceo, Giovanni Leoni, alla guida del sindacato Cimo Veneto, sostiene che i punti chiave su cui lavorare siano: Deterrenza, pronto intervento e certezza della pena. «Occorre una videosorveglianza ben pubblicizzata e collegata con un servizio di guardianeria per il pronto intervento, pulsante rosso per la chiamata diretta e sirena di allarme attivabile. Servono guardie giurate dedicate come per il controllo dell'accesso ai servizi nelle ore diurne, servizi di pubblica sicurezza direttamente collegati. E poi va applicata la legge contro la violenza verso gli operatori sanitari».

A breve potrebbe arrivare una direttiva del governo per portare più sicurezza nelle corsie. «Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, si farà promotore presso il Governo di una iniziativa per l'emanazione di una direttiva specifica da parte del Ministero dell'Interno a tutte le Prefetture, per procedere in tempi certi e rapidi alla stipula dei protocolli operativi con le Aziende sanitarie per garantire interventi rapidi delle forze odine in caso di aggressioni» assicura il presidente della Federazione delle Aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), Giovanni Migliore.

A chiedere i ripristino delle forze dei drappelli di Polizia o dell'esercito è anche Manuel Ruggiero, presidente di Nessuno Tocchi Ippocrate, associazione nata per denunciare le violenze in corsia: «Finora però la risposta è stata negativa, perché implicherebbe togliere una volante dal territorio. L'esercito sarebbe una valida scelta anche per il numero di risorse disponibili».

I militari sono disponibili a fare la loro parte: «Siamo pronti a qualsiasi evenienza, ma è proprio necessario che sia l'Esercito a occuparsi di queste mansioni? Anche perché distoglieremmo gli uomini da altri incarichi» commenta il Cocer dell'Esercito, con il delegato Gennaro Galantuomo.

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