"Agibilità e punti fermi". Conte cerca l'incidente per sganciarsi dai 5s

Trattativa surreale con Grillo con il veto alla diarchia. Fico e Di Maio gli unici a rafforzarsi

"Agibilità e punti fermi". Conte cerca l'incidente per sganciarsi dai 5s

«È proseguito anche oggi il lavoro del comitato dei 7, collegati in videoconferenza. C'è una grande determinazione e si stanno affrontando con massima attenzione tutte le questioni», dicono dal M5s. Eppure la trattativa si muove al rallenty. Un passo avanti e uno indietro. In un susseguirsi di trovate lessicali per cercare di modellare la realtà e ricomporre la frattura. Dal «comitato» alla «diarchia», dall'«agibilità politica» pretesa da Giuseppe Conte alla codifica del ruolo del «visionario» per Beppe Grillo. Il partito liquido dei meetup e delle graticole si è trasformato nell'ectoplasma delle veline e delle conventicole. Nel bunker dell'avvocato di Volturara Appula sono saliti sull'ottovolante. Sabato pomeriggio lo Staff faceva trapelare la volontà di fare la pace. Passano meno di 24 ore e l'ex premier riparte a dettare le condizioni, i suoi «punti fermi». E quindi «sì all'accordo ma no alla diarchia», fa sapere. Un gioco al rialzo che fa crescere i sospetti nella truppa parlamentare. Così circolano di nuovo voci secondo cui Conte stia facendo di tutto per provocare l'incidente e creare il suo partito personale. Fallito il blitz per cancellare Grillo e lanciare l'Opa sul M5s, l'ex presidente del Consiglio non si accontenterebbe di fare il leader dimezzato. Costretto, di volta in volta, a confrontarsi con il Garante. Con il quale i rapporti si sono deteriorati anche dal punto di vista personale. Conte, da un lato, è spinto verso la lista autonoma da molti dei suoi consiglieri, dall'altro teme che la sua operazione politica possa fallire alla prova dei numeri e del consenso. Grillo, Luigi Di Maio e Roberto Fico aspettano che l'avvocato faccia la prossima mossa. La risoluzione della crisi sta tutta nello scioglimento dei dubbi che attanagliano Conte e i suoi. Per questo motivo, il Movimento si trova ancora immerso nel paradosso di una trattativa con alcuni «punti fermi» su cui il capo politico designato non transige. Ma, come tutti sanno, non esistono mediazioni fatte di paletti rigidi. Per farsi un'idea del clima che si respira tra i contiani, basta leggere l'editoriale di ieri del direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, in cui il giornalista smonta e deride l'idea del comitato dei sette saggi.

Gli unici a uscire rafforzati dalla trattativa più pazza del mondo sono Di Maio e Fico. In caso di accordo, saranno considerati i salvatori dell'unità grillina. In caso contrario, saranno loro gli uomini ai quali Grillo affiderà le chiavi della sua creatura. Mentre Conte è di fronte a un bivio: accettare la diarchia che dice di voler evitare oppure rischiare di mettersi in proprio. Entrambe le soluzioni non rientravano nei piani dell'ex premier, che invece avrebbe preferito rivoltare come un calzino il vecchio M5s. Intanto il Garante incassa il sostegno di più di cento tra attivisti, consiglieri municipali, comunali e regionali, che però chiedono a Grillo di continuare sulla linea dura del post «una bozza e via» del 29 giugno scorso. Dunque, votazione su Rousseau del comitato direttivo a cinque.

Si tratta degli stessi eletti locali che avevano diffidato Vito Crimi dall'organizzare un voto su una piattaforma diversa da quella gestita da Davide Casaleggio. «Batti un colpo! Ci stanno fregando», scrivono gli ortodossi, che vogliono anche rompere con il governo Draghi.

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