"Ai grandi gruppi 2 miliardi all'anno. Ora bisogna aiutare famiglie e Pmi"

Il presidente di Elettricità Futura Gianni Armani: "Stipulando per le rinnovabili contratti a lungo termine, risparmi in bolletta fino a 5 miliardi"

"Ai grandi gruppi 2 miliardi all'anno. Ora bisogna aiutare famiglie e Pmi"
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Gianni Armani, presidente di Elettricità Futura, cosa pensa delle misure che dovrebbero essere inserite nel decreto Bollette.

«Siamo sicuri che il governo metterà in campo le migliori soluzioni possibili e credo abbia apprezzato il dialogo costruttivo con la nostra associazione e con gli altri stakeholder finalizzato alla salvaguardia delle famiglie e delle imprese che hanno più difficoltà».

Cosa sta succedendo ai prezzi dell'elettricità?

«Il prezzo del gas concorre solo per la metà dei costi della bolletta elettrica e non ha impattato su quei clienti che sul mercato libero hanno scelto il prezzo fisso, che per fortuna sono circa l'80%. Invece, tutti coloro che hanno optato per i prezzi variabili - il 20% delle famiglie e circa il 60% delle imprese sono rimasti esposti alle nocive oscillazioni dei prezzi sui mercati internazionali»

Come si potrebbe migliorare la situazione?

«Gli impianti di produzione di energia rinnovabile potrebbero vendere elettricità attraverso contratti a lungo termine, ad esempio di dieci anni, che permetterebbero alle imprese di poter contare su un costo dell'energia certo e stabile nel tempo. Sarebbe anche fondamentale sbloccare le autorizzazioni necessarie al rinnovamento degli impianti già esistenti, fotovoltaici ed eolici, sfruttando le nuove tecnologie a disposizione che permettono di produrre più energia a un prezzo inferiore».

Quanto si risparmierebbe?

«Abbiamo stimato un impatto tra i 3 e i 5 miliardi di euro in bolletta».

Non è anche una questione di mix energetico? Si è fatto troppo affidamento sul gas. Perché?

«L'attuale situazione dipende da decisioni assunte nel passato. A partire dagli anni '80, con l'abbandono del nucleare, abbiamo scelto di comprare energia piuttosto che fare gli investimenti necessari che ci avrebbero resi autonomi e indipendenti nella produzione. Questo va bene finché il costo del gas è particolarmente conveniente e le relazioni con chi vende il gas sono buone. Ma in condizioni di instabilità geopolitica, come quelle attuali, siamo molto esposti alla volatilità dei prezzi. I Paesi che hanno scelto il nucleare e hanno sviluppato le rinnovabili, come la Francia e la Spagna, hanno un prezzo all'ingrosso che è il 40% più basso dell'Italia. Visto che il nucleare non sarà disponibile nel breve termine, è dunque necessario puntare di più sulle fonti rinnovabili».

Cosa frena questo sviluppo?

«La burocrazia e i veti ideologici. Le faccio un esempio: oggi per realizzare un impianto rinnovabile in Italia si impiegano almeno cinque anni, in Spagna invece in due anni e mezzo si ha la certezza di ottenere l'autorizzazione finale».

Le aziende energivore stanno facendo pressing affinché siano ulteriormente sostenute. Come si possono conciliare queste diverse esigenze?

«Comprendiamo le difficoltà di alcune categorie industriali, ma non riusciamo a capire come si possa intervenire ulteriormente a loro favore attraverso la bolletta elettrica, visto che godono da anni di ingenti sussidi come Interconnector, interrompibilità, energy release, oltre che rimborso della CO2».

A quanto ammontano questi aiuti all'anno?

«All'incirca 2 miliardi ed è un contributo che pesa sulle bollette di tutti gli altri».

Un'altra questione è il cosiddetto decoupling, la separazione del prezzo del gas da quello dell'energia rinnovabile. Si può fare?

«No, non è realizzabile.

L'attuale meccanismo di mercato esiste da 20 anni e se nessun Paese europeo ha mai pensato di eliminarlo, separando l'energia rinnovabile dalle altre, ci sarà un motivo. Questo sistema peraltro ha consentito all'Italia di ridurre del 25% il consumo di gas rispetto ai primi anni 2000».

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