Disoccupato e senza futuro in Albania? Meglio in carcere in Italia.
Sono lontani i tempi in cui da dietro le sbarre di una cella si cercava il sole in cielo, ripensando alla libertà lasciata fuori. Ora che non ci sono più tavolacci a rompere il sonno né sbobba impossibile a digerirsi, tutto sommato in galera si sta bene. Di sicuro meglio che a casa propria, specie se non si ha lavoro e non si sa come sbarcare il lunario. Milto Dosi, quarantacinquenne di Valona, non ci ha pensato su due volte. E spesi gli ultimi soldi per comprare un biglietto su un traghetto che lo portasse dall'altra parte dell'Adriatico, salutati la moglie e i tre figli nei giorni scorsi è approdato ad Ancona e subito, accompagnato dall'avvocato, s'è presentato in Questura a Pesaro. Sapeva il fatto suo: nel 2012, quando già viveva in Italia, era stato condannato a 3 anni di reclusione per spaccio di droga. Nel 2014, con 12 mesi di detenzione ancora da scontare, era stato espulso, con l'obbligo di non poter rimettere piede sul suolo italiano fino al 2024. Condizione, quest'ultima, che venuta meno ha costretto i poliziotti a trasferirlo in carcere perché saldasse il debito con la giustizia. Pensavano, gli agenti, di dargli un dolore. Invece lo hanno visto sorridere, come sollevato. A spiegare i motivi di tanta gioia è stato lui stesso, ai giornalisti del Resto del Carlino. «Nel mio Paese ho provato a fare il camionista, come in Italia, ma quando arrivavo in Germania, Francia, Austria, saltava fuori quel decreto di espulsione e mi rimandavano indietro», ha raccontato Dosi, illustrando gli scopi della missione italiana: «Non avevo nulla da dare da mangiare alla mia famiglia. Così ho chiamato il mio avvocato e le ho riferito di voler finire di scontare la pena, per poter poi riprendere a fare il mio lavoro senza problemi».
Insomma, una prospettiva di redenzione agevolata dalla qualità della vita nei penitenziari italici, evidentemente tutt'altro che pessima. Il Tribunale di Pesaro ha disposto che per il momento Milto Dosi resti ai domiciliari a casa del fratello, residente a Fano. Il 3 luglio comparirà in aula per rispondere della violazione del decreto di espulsione, col rischio d'essere rispedito al mittente.
«Ma quello del mio assistito tuona battagliera la sua legale, Ina Begici - non è un rientro illegale: il testo unico sull'immigrazione fa divieto di espulsione e respingimento dei parenti di secondo grado di cittadini italiani. E Dosi, con un fratello cittadino italiano, non può essere respinto». Avesse ragione lui, con la sua teoria del carcere-pensione con vista sul mar dell'avvenir, farebbe scuola.
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