Sarà il portafoglio delle famiglie a decidere le presidenziali francesi. In vista del ballottaggio, ne è convinto Jean-Paul Fitoussi, già docente a Sciences Po oggi economista alla Luiss Guido Carli.
Professore, cosa ha sbagliato Macron nelle politiche sociali di questi 5 anni?
«Si può dire che ha sbagliato tutto. Ha cominciato dando l'impressione di disprezzare la gente. Ha diminuito l'aiuto all'alloggio (Apl) di 5 euro a settimana nei primi mesi di mandato; non uno scherzo per i più poveri. Poi, nel 2018, ha fatto una riforma ultra-liberale della Snfc, il sistema delle ferrovie, mettendo quasi tutti i francesi contro di lui».
Soprattutto i sindacati, che si vedevano gradualmente ridurre certe tutele dai contratti...
«Esatto, quindi ha subìto scioperi a oltranza. Terzo errore, ha attuato una riforma delle pensioni senza discuterla, che ha avuto come conseguenza la riduzione delle pensioni stesse. Ha deciso cioè, come da sua prerogativa, che non fossero più adattate ai prezzi. Da cinque anni almeno, ogni anno le pensioni si abbassano. E con l'inflazione al 5% sarà ancora più terribile».
Poi però ha fatto marcia indietro, sulle pensioni.
«L'ha salvato il Covid, che ha costretto l'Eliseo a rimandare la riforma. Macron ha rinunciato alla vera riforma in programma perché la popolazione non la voleva».
Macron dice che la disoccupazione con lui è scesa. È così?
«Se è scesa, non è merito suo. È un miracolo. Dopo il Covid ha fatto una riforma liberale di aiuto ai disoccupati, tagliando l'indennità di disoccupazione e dando loro sostanzialmente dei pigroni mettendo limitazioni alla ricerca di lavoro. Adesso hanno diritto a rifiutare un solo posto, prima erano due. Il caso emblematico del suo approccio ruvido è stata la discussione tra Macron e un giovane giardiniere disoccupato che lamentava di non trovare un posto nonostante fosse qualificato. Il presidente gli disse che bastava attraversare la strada per essere assunto in un ristorante. La gente è scoraggiata».
Se qualcosa si è mosso è «merito» anche della pandemia? Parigi ha fatto scuola per aiuti celeri alle imprese...
«La sola cosa positiva fatta da Macron, le sovvenzioni statali durante il Covid. Ha creato nuove forme di contratti evitando che le aziende sparissero, dando sussidi. Ma come hanno fatto tutti i Paesi, in Germania come poi in Italia e anche in America».
Macron si è concentrato troppo sull'Ue e meno sulla Francia?
«Il problema è risolvere i problemi dove sono. E cioè negli Stati, in Francia. Ci sono problemi che la stessa Europa non vuol risolvere. La realtà è nei Paesi, non a Bruxelles. La lotta all'inquinamento, la carbon tax, per esempio, Macron ha provato a farla senza immaginare che avrebbe toccato solo i meno abbienti e chi ha bisogno dell'auto per spostarsi. Il risultato è stato un anno di gilet gialli».
Perché il presidente-candidato non è andato nei territori come Le Pen, per spiegare le sue ragioni?
«Perché non se n'è occupato. Macron sarebbe stato fischiato nei territori perché li ha abbandonati».
Che ne pensa del suo programma rimodellato su dieci anni?
«Può dire pure che il programma duri vent'anni, ma è una scusa. Bisogna almeno dimostrare un inizio di riforma importante. Qui non abbiamo niente da mostrare, la politica sociale è stata un disastro, quella fiscale idem».
Cosa dirà per lei Macron in vista del secondo turno? Ha già chiesto scusa ai francesi...
«È stato il più bell'atto che ha fatto. Ciò che non ha fatto è dire avrei dovuto condurre altre politiche. Ha ancora tempo, se cambia il suo atteggiamento andrà bene. Ma ha cominciato male. Il solo annuncio di cambiamento è stato sull'età pensionabile da 62 a 65 anni da attuare nel mandato a venire. Non è uno scandalo dire che bisogna lavorare più a lungo, il problema è che non ci sono posti di lavoro».
Nuove imprese torneranno a produrre nell'Esagono. Forse Macron si è accorto che una certa ricetta sovranista non fosse poi così sbagliata?
«Avevano ragione, ci siamo accorti che in Europa siamo dipendenti dal gas russo.
Abbiamo lasciato perdere l'industria dell'energia credendo alla globalizzazione e abbandonato l'industria farmaceutica in mani cinesi. Questa rinuncia a elementi forti di sovranità non può continuare. C'è bisogno di ripattugliare le industrie strategiche. Anche tornando a produrre armi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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