Altri guai per il capobanda Butungu È accusato di due nuove violenze

A puntare il dito contro il congolese è uno dei due minorenni marocchini del branco. La donna di Legnano lo ha riconosciuto

Andrea Acquarone

«Ero ubriaco e dormivo»; «Sono un evangelico»; «Non ho fatto nulla». Manca solo che dica: «E anche se ero lì non c'ero o non lo sapevo».

Il richiedente asilo congolese Guerlin Butungu, 20 anni, l'uomo insospettabile che lavorava per una coop di Pesaro, in giacca e cravatta su Facebook, educato, persino troppo zelante, «giano bifronte» capace di trasformarsi di notte in belva per andare in bermuda e canotta a violentare ragazze sulle spiagge di Rimini, ecco, questo «profugo» che in Italia aveva ottenuto un permesso di soggiorno, oggi, se potesse, negherebbe persino di esistere.

E invece adesso la sua posizione si aggrava. Lui continua a negare di essere stato a capo del branco, di aver stuprato la turista polacca 26enne sulla spiaggia numero 130 di Miramare e poco dopo una trans peruviana. Anche le telecamere lo avevano filmato con la banda di compagni di stupri. Ma ora proprio uno dei minorenni (uno dei fratelli marocchini di 15 e 17 anni che si erano costituiti) lo accusa di essere un «predatore seriale». Butungu- stando al racconto del giovane- avrebbe tentato di abusare anche di una ragazza loro amica. Un episodio avvenuto fuori da un locale di Pesaro. Gli altri del gruppo, in quell'occasione, sarebbero riusciti a fermarlo. Un episodio su cui sono in corso accertamenti da parte della procura di Rimini.

Ma non basta. Il congolese sarebbe stato riconosciuto anche dalla coppia di Legnano, quella che si era appartata in spiaggia e vittima di un tentativo di violenza sempre a Rimini il 12 agosto scorso. La ragazza, in quell'occasione, era riuscita a salvarsi scappando e urlando. Alla coppia venne rubato anche un telefonino, guarda caso ritrovato nella disponibilità dell'aspirante profugo assieme con quello di un'altra coppia aggredita a Rimini la stessa notte della violenza sui polacchi e sulla trans peruviana, mezz'ora prima del primo episodio.

Quanto stridono, rileggendoli con gli occhi del poi, i suoi vigliacchi, falsi aforismi con cui si divertiva a truffare il web. Cioè quella finestra sul mondo in cui tutti si affacciano talvolta senza conoscerne i rischi: frasi un po' scritte in italiano «siamo tutti fratelli», quindi il suo cordoglio per le vittime di Amatrice; altre in francese- fa anche chic-: «ciò che il denaro non può comprare: morale, rispetto, amore, integrità...». Davanti al pm della procura di Rimini che lo ha interrogato quattro giorni fa, prima della conferma dell'arresto da parte del gip, Guerlin Butungu, si è proclamato innocente. Dando fantasia alla sua doppia vita.

«Dopo essere stato ad una festa in spiaggia, aver bevuto un drink e mezzo, mi sono addormentato», aveva raccontato agli inquirenti. «Quando mi sono svegliato ho incontrato dei ragazzi che mi hanno offerto di acquistare un orologio e un telefonino probabilmente rubati, e così ho fatto». Quanto altre «verità» dovremo sorbirci?

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