Altro che supertestimone. "Amara è un calunniatore"

I pm chiedono il rinvio a giudizio dell'avvocato. La loggia Ungheria e i suoi adepti? Un'invenzione

Altro che supertestimone. "Amara è un calunniatore"
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Per anni è stato la punta di diamante della procura di Milano, il supertestimone utilizzato per andare all'attacco di Eni e delle sue presunte malefatte. Ora la stessa procura accusa l'avvocato siciliano Piero Amara di essere un calunniatore di professione e di avere inventato dal nulla l'esistenza di una loggia paramassonica, la loggia Ungheria «che si proponeva quale continuazione della sciolta associazione P2». I verbali di Amara sono entrati nel ventilatore, hanno animato articoli e veleni, sono stati diffusi dall'ex pm Piercamillo Davigo per regolare i suoi conti con un presunto membro della loggia. Per mesi, il tam tam sugli aderenti alla «nuova P2» ha inquinato il dibattito politico e squassato la magistratura.

Non era vero niente. Il 21 luglio scorso il procuratore capo Marcello Viola e il pm Stefano Civardi hanno firmato la richiesta di rinvio a giudizio di Amara per calunnia e autocalunnia; la seconda accusa viene contestata anche a Giuseppe Calafiore, socio di Amara, che in un interrogatorio aveva dichiarato di fare parte della inesistente loggia e di possedere l'elenco dei suoi iscritti.

Nell'elenco delle vittime di Amara, indicate come aderenti alla loggia, ci sono 65 nomi, quasi tutti di esponenti di primo o primissimo piano del mondo delle istituzioni: perché quando mentiva il «collaborante» della procura milanese lo faceva con oculatezza, nel progetto di dipingere un gruppo di potere, quasi una sorta di para-Stato, ramificato ed efficiente. Così a fianco di Silvio Berlusconi venivano indicati come adepti i comandanti in capo dei carabinieri e della Finanza, Emanuele Saltalamacchia, Tullio Del Sette, Giorgio Toschi e Giuseppe Zafarana. Insieme a loro una sfilza di trentasette magistrati di cui alcuni di primissimo piano: l'ex presidente della Cassazione Giovanni Canzio e il procuratore generale Pasquale Ciccolo, e poi membri del Csm come Marco Mancinetti e Sebastiano Ardita: proprio lo scontro con Ardita, si legge nella sentenza che ha condannato Davigo il 20 giugno scorso, spinse il «dottor Sottile» a divulgare i verbali che lo avrebbero inguaiato. Della loggia avrebbe fatto parte persino il segretario di Stato del Vaticano, il cardinale Pietro Parolin.

Amara e Calafiore, avvisati della chiusura delle indagini, dapprima hanno chiesto di essere interrogati poi ci hanno ripensato. Ora la richiesta di processarli è arrivata sul tavolo del giudice Guido Salvini, che ha fissato l'udienza preliminare per il 21 settembre. Nella richiesta vengono riportate le accuse di Amara sulle attività della loggia «avente finalità di intervenire sulle funzioni di rango costituzionale come il Csm, di istituzioni giudiziarie e di amministrazioni pubbliche in modo da condizionarne l'operato asservendolo agli interessi dell'organizzazione e dei suoi appartenenti occulti»; nei suoi verbali l'avvocato parlava di «una sorta di contropotere a volte anche più forte della politica (...) il gruppo è in grado di collocare persone di sua fiducia in posti chiave soprattutto ai vertici delle forze dell'ordine e della magistratura». Il 6 dicembre 2019, interrogato a Milano, Amara snocciolò ai pm l'elenco degli aderenti a sua conoscenza, precisando che potevano essercene altri.

A sottoporre a verifica le affermazioni di Amara è stata per prima la procura di Perugia, cui i verbali erano approdati per competenza territoriale, che nel 2022 chiese l'archiviazione con formula in realtà assai cauta, non escludendo l'esistenza di «Ungheria» ma scrivendo che le affermazioni dell'avvocato non risultavano

«adeguatamente riscontrate». Il fascicolo a quel punto è stato trasmesso a Milano perché Amara venisse indagato per calunnia. Così è stato.

Resterebbe da chiedere perché e per conto di chi Amara abbia riempito quei verbali.

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