Il sogno del vaccino italiano si ferma. Si spera solo temporaneamente. Nessun problema nella sperimentazione scientifica che, anzi, sta procedendo bene. Lo stop al progetto arriva dalla Corte dei Conti che blocca il decreto di approvazione sottoscritto il 17 febbraio scorso dal ministero dello Sviluppo economico, da Invitalia spa e dalla società ReiThera. Un documento fondamentale per sbloccare i finanziamenti e far decollare il vaccino made in Italy.
Le motivazione del cartellino rosso non sono ancora state comunicate al Ministero allo sviluppo economico ma quel decreto era la chiave per approvare il programma di sviluppo industriale nello stabilimento di Castel Romano e per sostenere il progetto di ricerca scientifica, compresa la sperimentazione clinica in corso all'ospedale Spallanzani di Roma. E soprattutto era la via per accedere agli 81 milioni di euro che il Governo aveva deciso di investire nel progetto attraverso Invitalia. Su questa cifra le agevolazioni concesse, in conformità alle norme sugli aiuti di Stato, ammontano a circa 49 milioni di euro: 41,2 milioni a fondo perduto e 7,8 milioni di finanziamento agevolato. I restanti 32 milioni saranno invece fondi stanziati da ReiThera.
Ma la Corte dei Conti non ha ritenuto di poter dichiarare legittimo il provvedimento e ha fermato i finanziamenti. A un passo dal traguardo, l'Italia si trova a pagare il prezzo di un vizio di forma che risale a mesi fa, quando era in carica il commissario straordinario Domenico Arcuri e che ora si spera possa essere corretto velocemente.
In attesa di «conoscere i rilievi della Corte dei Conti», la volontà di ReiThera è comunque quella di arrivare a presentare il lavoro all'Ema e di avviare quanto prima la fase tre dello studio. La sensazione infatti non è quella di un no definitivo ma di un «congelamento per revisione». L'azienda proprio in questo momento ha completato la fase due della sperimentazione «assumendo anche personale» ed è in attesa dei risultati.
«Spero che si faccia un investimento reale per far aumentare la capacità produttiva del Paese. Ci possono essere diverse forme e fonti di finanziamento ma è importane che si torni a sviluppare sperimentazioni e ricerche» sostiene il direttore scientifico dell'istituto Spallanzani di Roma, Giuseppe Ippolito. «La fase 2 della sperimentazione - tiene a precisare - è stata completata con successo su 900 pazienti e nell'arco di due mesi avremo i primi risultati. Se andranno nel verso giusto si passerà alla fase tre».
Mentre da più fronti si chiede al ministro allo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti di riferire in Parlamento, sulla questione interviene anche l'Istituto superiore di Sanità.
«È molto importante che nel Paese questo tipo di sperimentazione possa essere condotta e sviluppata - spiega Silvio Brusaferro, presidente Iss - poi sappiamo che alcune passano il vaglio di tutte le fasi, altre magari nelle varie fasi possono trovare delle evidenze che non sono sufficienti o suggeriscono di indirizzare quel tipo di tecnologie o conoscenze verso altri indirizzi. Ma il presupposto è che ci sia nel Paese la potenzialità, la voglia e il supporto economico per condurre queste sperimentazioni. Questo vale per la pandemia in corso e per il futuro».
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