"Anche 007 nel network che cerca voti per Conte"

Uno "strano network" che setaccia il Parlamento in cerca di «responsabili» per Giuseppe Conte, e che spaventa il Paese

"Anche 007 nel network che cerca voti per Conte"

Uno «strano network» che setaccia il Parlamento in cerca di «responsabili» per Giuseppe Conte, e che spaventa il Paese. Palazzo Chigi, ieri, dopo aver letto l'editoriale di Massimo Giannini sulla Stampa, in cui si evocavano interventi poco ortodossi e poco politici dall'intelligence al Vaticano, per aiutare Giuseppi a restare a Palazzo Chigi, dall'ordine forense alla Gdf è corso a smentire tutto. In quella ricostruzione, spiegano dal Governo, non vi sarebbe altro che «gravissime insinuazioni» ovviamente «destituite di ogni fondamento». E per smentire che i vertici dei servizi lavorino per lui, continua la nota di Palazzo Chigi, Conte si sarebbe persino premurato di consultare prima Gennaro Vecchione e le altre barbe finte per poi smentire «qualsiasi loro coinvolgimento e contatto, anche solo indiretto, con membri del Parlamento».

Il problema è che al di là delle smentite i rumors sulla stessa falsariga sono insistenti. Oltre a Giannini, che condanna la «moral suasion condotta con quel favore delle tenebre sempre negato» da Conte, sempre sulla Stampa è stato Marcello Sorgi a scrivere, ieri, che il reclutamento dei «responsabili» per il premier sarebbe stato «delegato a figure improprie come cardinali, generali della Finanza vicini ai servizi segreti, avvocati in odore di massoneria». E due giorni fa, sul Foglio, Valerio Valentini aveva anticipato il tema, raccontando pure lui le «trame» di Conte, con dovizia di particolari. Le ambasciate» della Gdf si sarebbero spese per convincere Lorenzo Cesa, e a muoversi per le Fiamme Gialle sarebbe stato «non Vecchione in persona, però un amico, un conoscente», del potente capo dell'intelligence, fedelissimo di Conte che l'ha scelto e l'ha riconfermato nell'incarico. Non sono poi certo un mistero i legami con il mondo cattolico di Conte, e dunque suona plausibile, anche se non c'è conferma, anzi c'è la smentita del premier, il «supposto mandato» (come si legge sul Foglio) del fondatore della comunità di Sant'Egidio Andrea Riccardi dietro alle pressioni di un prelato su due parlamentari di Forza Italia. E sempre il quotidiano fondato da Giuliano Ferrara individua nell'avvocato Luca Di Donna, grande amico di Conte e del suo «maestro» Guido Alpa, il presunto mandante di altri intermediari a caccia di una coppia di senatori «responsabili» pronti a sposare la causa della maggioranza.

Dunque la rete di conoscenze ed entrature del premier, vera ed effettiva, viene ora indicata come lo strumento, improprio ma oscuro e potenzialmente efficiente, per «pescare» i voti essenziali alla vita dell'esecutivo dell'avvocato del Popolo. La smentita, per quanto scontata - e irritata - non basta ovviamente a spegnere le voci, e nemmeno il timore che proprio il presidente del Consiglio di un governo a Cinque Stelle, alla faccia della trasparenza, possa aver finito per affidarsi a sistemi di potere grigi e a modi così poco ortodossi di ricerca del consenso. Tant'è che, su questo tasto, insiste proprio chi ha aperto la porta della crisi di governo, Italia Viva. Di «rivelazioni gravissime» parla il deputato renziano Michele Anzaldi, che in un post su Facebook chiede conto di quello «strano network che si starebbe occupando di reclutare senatori per conto del presidente del Consiglio Conte» evocato dalla Stampa.

Un network, insiste Anzaldi, «di cui farebbero parte tra gli altri anche generali della Gdf e amici del capo dei servizi segreti Vecchione oltre a noti legali vicini al premier e presidenti di ordini forensi a nome dello Studio Alpa». Insomma, per l'esponente di Iv sarebbero doverose smentite non solo nette ma anche «chiare». Altrimenti, conclude Anzaldi, «sarebbe opportuno che sulla questione venisse convocato subito il Copasir».

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