Un incontro con gli amici connazionali nella centrale piazza Ravanusella, cuore del quartiere abitato da anni dalle comunità africane presenti in città, poi via a piedi verso il viale della Vittoria: il vento sferza su Agrigento già da diverse ore, affrontare la lunga arteria dedicata al successo nella grande guerra è più difficile del solito ed anche il Mediterraneo, ben visibile sullo sfondo del viale, si mostra “arrabbiato” e molto meno azzurro del solito. Inizia così la domenica di Assane, un senegalese che abita da più di dieci anni nella cittadina siciliana. Anche lui, in fondo al Viale, trova il seggio elettorale allestito per le presidenziali che si svolgono oggi nel suo paese.
La legge elettorale senegalese consente il voto dei cittadini all’estero, in Italia sono diversi i seggi allestiti. Quello di Agrigento ha una valenza particolare: nel 2002, quando il Senegal di Fadiga e compagni arriva fino ai quarti di finale del mondiale nippo – coreano, molti agrigentini assistono allo sventolio di bandiere del paese africano nei vicoletti del quartiere compreso tra via Atenea e piazza Ravanusella, già all’epoca abitati da numerosi africani ed in particolare dai senegalesi. È l’emblema ed il simbolo del rapporto oramai datato più di un quarto di secolo tra la comunità del Senegal e la città dei templi.
Il seggio, allestito in un’ex caserma dei Vigili del Fuoco quasi alla punta del viale della Vittoria, di buon mattino è già affollato e l’atmosfera è identica a quella di una qualunque sede di voto: brusio, bambini che aspettano i genitori nell’atrio, uomini che parlano al fianco del cartello dove sono elencati i cinque candidati in lizza, ragazzi più taciturni che aspettano che passi il vento per tornare a casa. Anche Assane non perde tempo per votare, poi dopo si concede qualche battuta con alcuni suoi connazionali poco fuori la stanza che ospita le due cabine elettorali: “Sono contento di poter votare – dichiara in un italiano perfetto – La mia famiglia è in Senegal e mi piace poter esprimere il mio voto, c’è in ballo anche il futuro dei miei figli”. Lui qui lavora in una struttura ricettiva, ad Agrigento non arriva tramite barconi ma scende dalla Francia a metà anni 2000: “Mi trovo bene – aggiunge – Ma il Senegal mi manca”.
“Agrigento è una città che ci ospita molto bene, non possiamo che essere grati agli agrigentini – dichiara ai nostri microfoni Diop Papa Madike, che della comunità senegalese è lo storico rappresentante – Siamo seguiti, siamo molto organizzati, per noi votare qui oggi è un grande passo”.
Non tutto è certamente rose e fiori: in questi giorni i quartieri che ospitano comunità africane sono oggetto di operazioni e blitz della Polizia per via della presenza di numerosi spacciatori. Molte case in cui abitano i migranti sono fatiscenti, zone come via Vallicaldi, via Gallo o la stessa piazza Ravanusella presentano non pochi elementi di degrado. Più o meno paradossalmente la stessa comunità senegalese risente della pressione migratoria degli ultimi anni. Negli anni ’90 infatti, ad Agrigento come minoranza straniera sono i più numerosi assieme forse ai cittadini provenienti dal Maghreb. Si trovano nel quartiere balneare di San Leone, qui fanno sali e scendi lungo le varie spiagge per vendere di tutto, alcuni di loro diventano famosi in città con i nomi dei cappelli che indossano durante queste lunghe passeggiate in cui provano a far acquistare ombrelli, bracciali ed occhiali. C’è ad esempio “Boys”, che in realtà è nigeriano e che nel suo paese è ingegnere, che diventa riferimento tra gli anni ’90 e 2000 lungo gli arenili agrigentini per acquistare al volo dei cappelli quando il sole ad agosto picchia e ci si accorge di non aver protezioni per la testa. Sorge un rapporto di reciproco rispetto tra senegalesi ed agrigentini.
Poi negli anni successivi le circostanze fanno scattare un po’ di diffidenza: le comunità africane aumentano ed aumentano anche coloro che vendono merce abusivamente nei marciapiedi, al Lungomare od in altre zone della città. Mai un episodio di violenza per la verità, ma tra gli agrigentini specie dopo il 2011 cresce l’esigenza di sicurezza.
Questo lo avvertono anche gli stessi senegalesi, che per via della loro più datata presenza sono più organizzati e provano ad essere sempre più assortiti all’interno del contesto sociale agrigentino. Ecco perché mostrare al resto della città che la loro comunità vota ed ha dei rappresentanti, è molto importante e dona un segno di serenità agli stessi agrigentini. Anzi, non mancano gli anziani dalla passeggiata domenicale che passano davanti il seggio ed entrano per mera curiosità.
Nella stanza dove ci sono le cabine, vi è la presenza anche di alcune donne: anche per loro è una giornata diversa, per alcune ragazze è la prima volta in assoluto che ci si reca ad un seggio elettorale.
L’urna entro cui si depositano le schede è una grande scatola di cartone, su di essa sono impresse le indicazioni in francese ed accanto vi è il liquido che serve a macchiare il dito per contraddistinguere coloro che hanno votato dagli altri che devono ancora farlo. Sul bancone i manifesti elettorali dei cinque candidati: “C’è voglia di cambiamento – dichiara ancora Diop Papa – La partecipazione qui al voto ne è un segno. Il presidente uscente è un incompetente, non ha fatto il bene del Senegal. La gente vuole cambiare, è bello vedere così tanti giovani che esprimono voglia di cambiamento”.
Paese che vai, seggio elettorale che trovi: a fare eco infatti al rappresentante senegalese, sono diversi suoi connazionali.
In tanti si lamentano di una classe politica vecchia, che non fa gli interessi del paese e che non pensa ai più giovani: basta fare due passi ed entrare in uno degli storici bar del viale della Vittoria, per sentire diversi anziani agrigentini che ripetono, ma con riferimento ovviamente locale, le stesse identiche frasi degli elettori senegalesi oggi in fila.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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