Dopo poche ore avrebbe avuto la seduta dallo psicologo per affrontare la sua depressione post partum. Ma non ce l'ha fatta: ieri mattina i pianti della piccola Perla sono diventati più insopportabili del solito, un trapano per le orecchie e lo stomaco. Allora ha chiuso la porta a chiave, ha preso la bimba, 10 mesi, e l'ha annegata nella vasca da bagno. Carola Finassi, 34 anni, dopo pochi secondi si è resa conto del disastro e ha cercato uccidersi con un coltello da cucina, disperata. Si è auto inflitta il colpo in pieno petto e al collo ma non ce l'ha fatta ed è stata trasportata in elicottero in ospedale da Nole Cavanevse, dove abita, alle Molinette di Torino. È in terapia intensiva, piantonata dai carabinieri. Su di lei pende l'accusa di infanticidio. A Nole è arrivata la pm della procura di Ivrea, Elena Parato.
A chiamare i soccorsi è stato il padre Antonio Parriello, 36 anni che ha anche tentato di rianimare la bimba prima ancora del 118, ma inutilmente. «Io e Carola stavamo insieme da 18 anni, Perla era il nostro sogno» dichiara ai giornalisti accorsi fuori dalla palazzina in centro. Non si dà pace, è disperato. Carola Finessi era in cura da mesi. Aveva manifestato i primi sintomi della depressione post partum subito dopo la nascita di Perla ma in famiglia nessuno aveva sottovalutato il problema ed era iniziato il percorso con lo psicologo.
Non sarebbe stato un raptus. Carola forse da tempo pensava che la sola strada per uscire dalla sua depressione fosse quella, con una presunta lucidità che tale non era. Un'ipotesi avvalorata da numerosi biglietti che la mamma ha lasciato in casa. Sul contenuto i carabinieri mantengono il massimo riserbo. Ma quegli scritti raccontano tutto il malessere della giovane donna, che prima di uccidere la figlia e tentare poi il suicidio ha chiuso la porta di casa lasciando la chiave nella serratura, in modo di impedire al marito e ai soccorsi di entrare.
Il sindaco, Luca Bertino, dice: «Quando capitano tragedie di questo genere abbiamo un po' tutti colpa, perché significa che non siamo stati attenti al disagio di qualcuno. Dobbiamo fare una riflessione, imparare a essere vicini alle persone in difficoltà.
Siamo una piccola comunità, oggi siamo sconvolti». Eppure, ammesso che i segnali si colgano, non è così semplice aiutare una mamma in preda alla depressione post partum. Per delicatezza, per rispetto, ci si tira indietro. Forse, sicuramente, sbagliando.
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