È passato un anno dal giorno in cui George Floyd fu ucciso a Minneapolis da un agente di polizia che gli tenne il ginocchio premuto sul collo per più di 9 minuti. La città del Minnesota domenica ha ricordato la scomparsa dell'afroamericano con una manifestazione a cui hanno partecipato centinaia di persone (inclusi i familiari di Floyd) per George e per la giustizia razziale. Davanti al palazzo del governo della contea di Hennepin, dove poche settimane fa la giuria ha condannato per omicidio l'agente Derek Chauvin, la sorella minore di Floyd, Bridget, ha detto: «È stato un anno lungo, doloroso, quel poliziotto non capisce cosa ci ha portato via».
Insieme a lei sul palco sono saliti il reverendo Al Sharpton, celebre attivista per i diritti civili, e l'avvocato della famiglia, Ben Crump, il quale ha assicurato che la lotta per avere giustizia continua, anche con la condanna del poliziotto. Sia lui che Sharpton hanno chiesto di varare nuove riforme della polizia a livello nazionale, incluso il passaggio del George Floyd Justice in Policing Act, che è stato approvato dalla Camera Usa, ma è rimasto impantanato al Senato.
Il senatore democratico Cory Booker, che è coinvolto nei negoziati bipartisan sul disegno di legge, ha spiegato che sono stati compiuti «progressi significativi», ma nessun accordo è stato raggiunto, e c'è «ancora molto lavoro da fare». L'obiettivo di approvare la legge entro oggi, come sperava Joe Biden, è quindi quasi certamente fallito, e il presidente americano si è dovuto limitare ad invitare la famiglia di Floyd alla Casa Bianca. Un gesto che Sharpton ha definito «gentile», ma non sufficiente: «George - ha detto - dovrebbe passare alla storia come qualcuno che ha spezzato la catena della brutalità e dell'illegalità della polizia».
E a un anno dalla sua morte Minneapolis, città divenuta il centro delle proteste contro certe forze dell'ordine, resta spaccata: le tensioni razziali sono rimaste irrisolte, il dipartimento di polizia è in crisi e sotto indagine del dicastero della Giustizia, il tasso di criminalità e la violenza sono in aumento. Nelle ultime settimane una bambina di sei anni è stata uccisa e altri due minori sono rimasti gravemente feriti nel corso di una sparatoria. E nella notte fra venerdì e sabato altre tre persone sono rimaste uccise in due diverse sparatorie.
Negli ultimi 12 mesi, inoltre, gli episodi di violenza della polizia nei confronti dei cittadini di colore sono continuati in tutti gli Usa. Proprio la scorsa settimana dalla Louisiana l'ennesimo racconto: non un fatto recente, è accaduto il 10 maggio 2019, ma per due anni le autorità si sono rifiutate di rendere pubbliche le immagini della body cam di uno dei sei agenti della statale intervenuti dopo un inseguimento. Il video di 46 minuti è stato reso noto solo ora grazie all'Associated Press, che ne ha ottenuto una copia. «I'm scared!... I'm scared!», ho paura, sono le ultime parole pronunciate dall'afroamericano di 49 anni Ronald Greene, bloccato a terra mentre un gruppo di poliziotti nel tentativo di arrestarlo lo colpisce ripetutamente con il taser (la pistola a scariche elettriche), lo prende a calci, pugni e lo trascina sanguinante sul selciato. L'uomo, disarmato e privo di sensi, muore prima di arrivare in ospedale.
A suo tempo per aprire l'indagine sul decesso di Greene ci sono voluti ben 474 giorni: in corso c'è un'indagine federale per verificare l'esistenza di una violazione dei diritti civili, ma dopo la pubblicazione del video è probabile che la vicenda prosegua anche dal punto di vista penale.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.