Un anno di Letta: solo flop e vittorie di Pirro

fatto storico

Un anno di Letta: solo flop e vittorie di Pirro

Tante sconfitte politiche, dal ddl Zan allo ius Soli. Una linea pervicace che segue un “campo largo” nelle alleanze. Una strategia difficile da definire, se non facendo affiorare il ricordo dell'ammucchiata chiamata Unione, di prodiana memoria. Che metteva insieme Rifondazione di Fausto Bertinotti e l’Udeur di Clemente Mastella.

Certo, c’è anche qualche successo portato a casa, esposto come oro colato. Ma l’anno di Enrico Letta alla guida del Partito democratico non ha rappresentato certo una rivoluzione per il centrosinistra, che è ancora alla ricerca di una dimensione. Dalle alleanze alla linea politica, caratterizzata tuttora da divisioni intere che covano sotto il fuoco. Coperte giusto dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina.

Amministrative unica consolazione

Era il 14 marzo 2021, quando l’ex presidente del Consiglio, dopo un ‘esilio’ da docente in Francia, veniva acclamato alla guida del Pd: era sorta di scialuppa di salvataggio per il partito. Raccoglieva l’eredità di Nicola Zingaretti, dimessosi pochi giorni prima denunciando “lo stillicidio” di attacchi. Il presidente della Regione Lazio ha consegnato al suo successore un Pd proveniente dalla complicata navigazione nel Conte bis e destinato a trovare una nuova forma nel governo Draghi. Ma che era comunque intorno al 19 per cento nei sondaggi, nonostante varie scissioni subite, da Matteo Renzi a Carlo Calenda. E soprattutto reduce da un discreto risultato alle Europee con il 22,7 dei consensi.

Oggi i sondaggi fotografano un Pd ancora al di sotto di quella soglia, intorno al 21 nella migliore delle ipotesi. Insomma, nessun decollo, appena una lenta risalita rispetto al marzo dello scorso anno. La parziale consolazione è quella che potrebbe essere la prima forza politica, almeno secondo alcuni istituti di ricerca. Tuttavia, sarebbe schiacciato da una coalizione di centrodestra. Letta come un novello Pirro, dunque. Gli altri risultati rivendicati sono quelli della Amministrative, con la riconquista dell’amministrazione di Roma, Napoli, Milano e Torino, la conferma di Bologna. Poi c’è la rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale. Ma con una riserva: Matteo Orfini e Fausto Raciti sono stati i veri strateghi dell’operazione, insieme ad altre esponenti di quell'area, come Enza Bruno Bossio e Chiara Gribaudo. Tutti parlamentari che erano stati inizialmente avversati rispetto alla battaglia per confermare il Capo dello Stato al Colle.

Fallimento ddl Zan

Pe il resto quest’anno è stato contraddistinto da una serie di insuccessi. Il più clamoroso è stato il ddl Zan, su cui il segretario dem aveva messo la faccia. “Deve essere approva così com’è”, diceva poche settimane dopo l’elezione alla guida del partito. Era maggio 2021. Una posizione mantenuta fino a far deragliare il provvedimento, rifiutando anche la mediazione immaginata da Renzi. Anzi proprio su questa proposta di legge è iniziata la lunga fase di ambiguità con Italia viva.

Hanno vinto loro e i loro inguacchi, al Senato”, diceva Letta, parlando di “rottura” con Iv. Ma la spaccatura, descritta come definitiva, era in realtà a tempo determinato. I giorni della trattativa sul Quirinale hanno riavvicinato Letta e Renzi, tanto che ora nessuno si sente di escludere una possibile alleanza con i renziani in futuro. Uno degli enigmi della leadership lettiana è proprio il quadro delle alleanze.

Campo largo e grande confusione

La definizione di “campo largo” resta difficile da comprendere, anche perché all’atto pratico si scontra con una serie di veti. Teoricamente il segretario dem vorrebbe mettere insieme Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi. Una prospettiva che viene esclusa dai diretti interessati per questioni politiche e un po’ anche personali. E ancora di più si punta a unire il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte con Azione di Calenda. Ma proprio Calenda ha lasciato il Pd in dissenso verso l’alleanza con i grillini, su cui un giorno sì e l’altro pure riversa numerosi attacchi. Pure l’ex avvocato del popolo non è contento della filosofia lettiana: ha etichettato il “campo largo” come una “formula astratta”. Lasciando intendere di non voler entrate in una coalizione con i centristi, siano renziani o calendiani. E infine c’è la difficoltà di mettere nella stessa alleanza l’interventismo lettiano sull’invio delle armi all’Ucraina con il pacifismo senza se e senza ma di Nicola Fratoianni, a capo di Sinistra italiana, e dei Verdi di Angelo Bonelli. Al confronto l’Unione di Prodi era un capolavoro di coesione.

Ma non è una questione di sola difficoltà con gli alleati. Anche politicamente restano agli atti i mancati risultati: lo Ius soli è rimasto lettera morta, ora riproposto sotto le vesti di Ius scholae. C’è stato un primo passaggio a Montecitorio, in commissione Affari costituzionali, con l’adozione di un testo-base. Il via libera è ancora lontano. Un altro tema su cui Letta si è speso riguarda quello del fine vita. In questo caso dalla Camera è arrivata l’approvazione dell’Aula, salutata come un “fatto storico” dal leader dem. Può essere. Solo che al Senato il percorso si annuncio molto meno agevole, rischiando di rendere tutto un mezzo fatto storico.

Una vittoria a metà, dal sapote di una sconfitta. E che dire dell'iniziativa di garantire il voto ai 16enni? Inabissata. E infine sulle questioni economiche difficile pronunciarsi: la linea del Pd resta un oggetto misterioso.

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