Appalti più semplici e rapidi. Il governo cambia il Codice

La Corte dei Conti: "Obiettivi Pnrr centrati, ma è picco di spesa". Fitto: "Alcune opere irrealizzabili per il 2026"

Appalti più semplici e rapidi. Il governo cambia il Codice

Governo al lavoro tra Pnrr e semplificazione. Ieri in Consiglio dei ministri è arrivato il via libera al nuovo Codice degli appalti voluto da Matteo Salvini. Il nuovo testo contiene norme che secondo il titolare del Mit sono finalizzate alla «salvaguardia del made in Italy», e va inoltre nella direzione della semplificazione e dello snellimento di norme e procedure per gare e appalti. Dal gennaio 2024 la digitalizzazione delle procedure, tra le altre innovazioni, dovrebbe portare a una accelerazione dei tempi per le gare con un risparmio di tempo da sei mesi a un anno, e il Codice Salvini liberalizza anche gli appalti sotto i 5,3 milioni di euro di valore, per i quali ci si potrà affidare a procedure negoziate o ad affidamenti diretti.

Una sburocratizzazione che, in prospettiva, aiuterebbe anche nel non semplice compito di centrare gli obiettivi richiesti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ieri sul Pnrr, dopo il rinvio di un mese della fase di verifica da parte della Commissione Europea degli obiettivi raggiunti al 31 dicembre 2022 incassato dal governo Meloni, è arrivata la relazione semestrale della Corte dei Conti, mentre in serata la cabina di Regia dell'esecutivo oltre a fare un punto sugli obiettivi, ha visto sul tavolo anche l'integrazione del Repower EU, il capitolo energetico del piano.

Per la magistratura contabile, sul pregresso l'Italia è a posto, e gli obiettivi previsti dal piano per il 2022 sono raggiunti. Ma nel documento non mancano le criticità, sia per riuscire a centrare gli obiettivi futuri in vista del picco di spesa, atteso nel biennio 2024/25, sia sul fronte della governance, con la relazione che sottolinea in particolare le difficoltà emerse per garantire la continuità operativa a causa del reclutamento del personale dedicato al Piano «con formule non stabili». Per Raffaele Fitto il Pnrr è in effetti «una sfida da far tremare i polsi», ma il ministro per gli Affari Europei giura sulla «determinazione, la convinzione e la voglia di riuscire in questo obiettivo da parte di questo governo». Che, quanto alle scelte, intende ragionare, prosegue Fitto, «non in ottica di scadenze brevi, ma in ottica prospettica»: l'orizzonte «è quello della legislatura: questo governo insiste il ministro - non si pone il problema della scadenza nell'immediato, ma alla fine della legislatura, giugno 2026, quando finirà il Pnrr». Fitto ringhia quanto alle polemiche politiche innescate dal rinvio concesso dall'Europa, ribadendo come l'esecutivo sia alle prese con decisioni ereditate di peso dal governo precedente. «Non ci sono tensioni con l'Europa, le tensioni temo qualche volta si vogliano costruire in Italia», sottolinea, spiegando che «stiamo lavorando con una macchina in corsa con scelte che non sono nostre ma che noi puntiamo a realizzare e superare in questa fase per poi passare alla seconda fase di rimodulazione del programma». Insomma, in discussione non è il Piano, sul quale Fitto spiega di essere «ottimista», ma «il tentativo abbastanza ridicolo di attribuire a questo governo delle responsabilità». Anche se il titolare delle Politiche Europee non si nasconde ostacoli e difficoltà, emerse anche dalla relazione della Corte dei Conti. Anzi, sostiene che sia «matematico, scientifico» che «alcuni interventi da qui al 30 giugno 2026 non possono essere realizzati».

E invita a rendere questa evidenza «con chiarezza», senza «aspettare il 2025 per aprire il dibattito su di chi sia la colpa». Anche perché adesso è di tutta evidenza che quella colpa non possa essere attribuita a un esecutivo in carica da appena un semestre.

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