«Chi sceglie la scuola come lavoro si assume rischi professionali legati alla circolazione di malattie infettive. E' quello che fanno con altri tipi di rischi i pompieri, gli infermieri, i poliziotti. Se qualcuno cerca il rischio zero, si licenzi». Il più duro con gli insegnanti è biologo Enrico Bucci, docente negli Usa alla Temple University di Filadelfia che dagli Usa osserva quanto succede in Italia e mette lo zampino sulle polemiche che hanno investito i docenti in vista della ripresa delle lezioni.
Ma si fa presto a pensare agli insegnanti come scansafatiche, assenteisti o semplicemente fifoni. È davvero così? Non è anche il clima di incertezza tra carenza di direttive, mancanza di aule e banchi a creare scompiglio? «Non ci sarà l'ecatombe degli insegnanti malati, la stragrande maggioranza vuole tornare a scuola ma non sa come tornare spiega Adelia Lucattini, psicoanalista che tiene seminari per maestre di materne ed elementari -. È ancora troppa l'incertezza sulle regole e i dispositivi di sicurezza».
Mancano punti fermi. E questo crea insicurezza. «I docenti hanno paura di quello che potrà succedere in classe, dei problemi che dovranno affrontare, del terrore di non sapere che fare se ad un bambino cola il naso o se tossisce vicino al suo compagno di banco anche se distanziato ma aggiunge l'esperta- la maggior parte è consapevole che il rientro al lavoro è ineludibile. La vera posta in gioco è riuscire a lavorare in sicurezza garantendo un programma di studio dignitoso».
La paura, però, non giustifica la ritrosia a fare il test sierologico prima della ripartenza. «Questa prova sta terrorizzando tutti. Pensare di aspettare l'esito e poi magari fare il tampone, stare in quarantena e coinvolgere i familiari è una dura prova di coraggio. La realtà spiega l'esperta- è che questo test andava imposto dalle autorità sanitarie. Non si può delegare la responsabilità sanitaria agli insegnanti, è una cosa che non padroneggiano. Loro desiderano essere obbligati».
E visto che in Italia le cose si fanno sempre a metà, ci pensano i responsabili locali a dare una sveglia. Ieri il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha invitato tutto il personale didattico, insegnanti e personale della scuola di sottoporsi al test anche se nelle scuole comunali «non si rilevano resistenze». In Lazio tutto procede secondo i piani. Ieri è stata superata la quota 5 mila test secondo le modalità concordate con l'Ufficio scolastico regionale. E il tasso di sieroprevalenza è coerente con i dati dell'indagine Istat pari all'1.2%. In Emilia, invece, i dati di adesione saranno resi noti tra una settimana quando le Asl faranno il punto dei prelievi effettuati sulla platea di 90mila insegnanti. Non bastasse, arrivano gli appelli anche da personaggi della spettacolo, da Ariosa e Iva Zanicchi fino a Simona ventura: «Fate i test».
E mentre infuria la polemica, sui chi vuole fare il test e chi lo rifiuta, sembra che la situazione si stia normalizzando un po' ovunque. Qualcuno è rientrato dalle vacanze solo in questi giorni, altri hanno faticato a capire il meccanismo di prenotazione. Fatto sta che mentre si parlava di un 30% di refrattari, adesso questo dato è calato già al 15% e le prenotazioni si stanno moltiplicando. Tanto che Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale teme un ingorgo negli studi dei medici di famiglia lunedì prossimo, ultimo giorno utile prima del rientro a scuola. È necessario smistare.
"Invitiamo tutti i medici che stanno partecipando allo screening a spiegare che chi entra in servizio il 14 settembre tra docenti e personale Ata, ha ancora una settimana a disposizione». Ora per i test c'è addirittura la fila.
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