Roma Uccisa nella caserma dei carabinieri. Indagati il comandante Franco Mottola, la moglie Anna e il figlio Marco. Non solo. A coprire il maresciallo per quasi vent'anni altri due militari, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano.
Serena Mollicone, la 18enne trovata senza vita in un bosco del frusinate nel giugno 2001, è morta sbattendo la testa sulla porta dell'alloggio di servizio all'interno della stazione dei carabinieri. L'epilogo di una lite violenta. Lo confermano le perizie del Ris finite, dopo anni di depistaggi, sul tavolo del procuratore: lo sfondamento della porta è compatibile con la frattura del cranio di Serena. Qualcuno, in un secondo momento, avrebbe portato via il corpo per inscenare un delitto passionale. Ma Serena, la brava ragazza che si stava preparando per la maturità e che odiava gli spacciatori, in quella caserma non ci era finita per caso. «Era andata a denunciare lo spaccio in paese - racconta a il Giornale il padre, Guglielmo Mollicone -. Anzi. Voleva denunciare proprio il figlio del comandante. Non aveva capito di essere andata nella tana del lupo. Lo dico dal 2001: Serena è stata ammazzata perché voleva far arrestare il figlio del maresciallo. L'hanno portata negli alloggi e l'hanno uccisa. Era una figlia a posto, molto studiosa. Vedeva i suoi amici bruciarsi la vita nella droga e pensava di fare qualcosa per fermare i trafficanti. È stato fatto di tutto per inquinare le indagini. Nel frattempo in questo paese sono morti di overdose altri 8 ragazzi».
Una brutta storia caratterizzata da gravi errori giudiziari e morti sospette. Lo può raccontare Carmine Belli, il carrozziere di 38 anni, accusato ingiustamente di quest'omicidio, rinchiuso in carcere da innocente per 19 mesi. Arrestato nel 2003, Belli viene scagionato dopo tre gradi di giudizio. L'uomo, che non aveva mai conosciuto la 18enne, racconta di averla vista nelle foto affisse in paese quando i parenti si mobilitano per trovarla. Il suo errore? Entrare in quella caserma. Il carrozziere, credendo di aiutare nelle ricerche, si presenta dal maresciallo Mottola: «Sono sicuro, camminava lungo il ciglio della strada statale» mette a verbale. La segnalazione di un qualunque cittadino che, in breve, diventa la sua condanna. «Entrai nella caserma sbagliata. Da quel momento la mia vita è diventata un inferno» racconta. Un caso segnato da morti inquietanti, come il suicidio a orologeria, nel 2008, del brigadiere Santino Tuzzi. L'uomo si spara alla tempia 3 giorni prima di un interrogatorio. Il militare era di servizio quando Serena viene ritrovata nel bosco dell'Anitrella con un sacchetto di plastica sulla testa. Cosa sapeva Tuzzi? Per i familiari della vittima molto. La Procura di Cassino, insomma, adesso ha tutti gli elementi per chiudere l'istruttoria e rinviare a giudizio gli indagati.
Un caso che ricorda il duplice omicidio del carabiniere Paolo Galardo, «suicidato» nella caserma di Lastra a Signa, Firenze, dopo aver
sparato alla fidanzata Lucia e all'amica Gemma. Il militare indagava su un giro di droga in cui sarebbe stato coinvolto il figlio di un superiore. Accanto al suo corpo viene trovata una calibro 9 ma con il caricatore sfilato.
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