Alla fine, dopo quasi otto ore di interrogatorio quasi ininterrotto dalle 11 del mattino, i componenti di una stranamente affollata commissione Covid costringono l'ex commissario all'Emergenza Covid Domenico Arcuri ad ammettere qualche mezza verità. Lui sapeva che una parte delle mascherine arrivate dalla Cina, allegramente sdoganate nonostante fossero contraffatte, erano false come dicono le carte e i processi? «È certamente di difficile sostenibilità - dice l'ex numero uno Invitalia, parlando di sé in terza persona (sic) - la tesi che Arcuri a marzo del 2020 sapesse che le mascherine sequestrate a febbraio del 2021 e poi dissequestrate non erano buone. Se ne occuperanno altri in altre sedi». Ma insomma, lo sapeva o no? Il certificato Ce era falso, come ha detto in questi anni ai pm di tutte le inchiesta sulle mascherine l'ex funzionario delle Dogane Miguel Martina, che per questo è finito al centro di una vicenda di mobbing certificata dal tribunale di Roma? «Il certificato Ce le mascherine cinesi non ce l'hanno - è la risposta di Arcuri - Quindi come si fa a sostenere che il certificato Ce delle mascherine era falso? In Cina non sanno nemmeno cosa significa Ce». Un'affermazione gravissima, quella di Arcuri, visto che senza la certificazione Ce tutto ciò che arriva dalla Cina - dai giocattoli ai cosmetici eccetera - non arriva sui nostri scaffali. A differenza delle «mascherine di comunità», come le ha definite Arcuri, che avevano il filtraggio di un foglio bagnato e che invece gli italiani hanno indossato durante i lockdown e oltre, convinti invano che questi dispositivi li avrebbero protetti. Uno scherzetto costato 1,251 miliardi, con il tribunale di Roma che ha condannato Palazzo Chigi a risarcire con oltre 203 milioni la società italiana Jc Electronics il «cui contratto per mascherine poi risultate regolari è stato, secondo le sentenze, illegittimamente stracciato da Arcuri, che proprio su Martina (come aveva fatto già il 16 gennaio) sibila: «Volete un consiglio? Non ascoltatelo, è una perdita di tempo». Perché Martina fa così paura? Se ne parlerà nelle prossime audizioni.
Alle domande calzanti del centrodestra e della parlamentare Iv Raffaella Paita hanno risposto quelle farneticanti del centrosinistra, gravide di complimenti ad Arcuri e alla gestione della pandemia da parte del centrosinistra. Per tacere dell'ostruzionismo portato avanti dal Movimento cinque stelle e ben gestito dal presidente Fdi Marco Lisei, con lo stesso ex premier Giuseppe Conte in lampante conflitto d'interessi a chiedere (invano) di rimandare l'audizione di Arcuri - protrattasi fino a tarda sera - salvo poi rintanarsi in calcio d'angolo.
A molte altre domande Arcuri ha fatto invece finta di rispondere.
Per esempio sulle pressioni che alcuni partiti allora all'opposizione gli avrebbero fatto per far passare alcune mascherine. «Faccia i nomi», chiede la Paita. Arcuri glissa («Mai pressioni da Conte), il grillino rilancia: «Chi sono i politici che volevano aiutare gli imprenditori amici?». Arcuri non risponderà neanche a tarda sera.
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