L'attentato di domenica a Istanbul non ha soltanto provocato la morte di 6 persone, tra le quali Ecrin, una bambina di appena 9 anni, e il ferimento di altre 81, ma sta mandando in tilt i rapporti diplomatici tra Ankara e Washington, e sollevando alcuni dubbi sulla matrice terroristica dell'azione. Il Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, considerato un'organizzazione terrorista dal governo turco, ha smentito ogni coinvolgimento nei fatti di Istiklal. «Non siamo collegati a questo atto criminoso, perché non prendiamo di mira i civili. Lottiamo per la nostra libertà, e ci muoviamo per creare un futuro comune e libero con la società turca», si legge nella nota scritta dal comandante delle Forze democratiche Mazlum Abdi su Twitter. Ankara invece non ha dubbi sull'implicazione curda nell'attentato a Istiklal Caddesi, e già nella notte tra domenica e lunedì ha arrestato 46 persone legate al Pkk e al Ypg, le Unità di protezione popolare. Le manette sono scattate ai polsi anche di Ahlam Albashir, un'operaia tessile. Si tratterebbe della donna ripresa dalle telecamere di sicurezza mentre posizionava il sacchetto con l'esplosivo su una panchina. La presunta attentatrice, come si vede da un video pubblicato dal quotidiano Hurriyet, avrebbe quindi lasciato la scena di corsa, prendendo un taxi per recarsi nella sua abitazione al quartiere di Esenler, a 9 km dal luogo del misfatto. Di nazionalità siriana, avrebbe confessato durante l'interrogatorio di essere stata addestrata come ufficiale speciale dell'intelligence dal Pkk, ed entrata illegalmente in Turchia quattro mesi fa dalla regione di Afrin-Idlib, in Siria. L'attentato sarebbe stato orchestrato a Kobane, città a maggioranza curda che si trova in un'area in cui la Turchia ha gradualmente allargato la propria sfera di influenza negli ultimi anni. Al fermo dei sospettati si è giunti analizzando le immagini di 1.200 telecamere di sicurezza. La televisione turca ha trasmesso un video che mostra Ahlam mentre viene arrestata nell'abitazione in cui si nascondeva, dove la polizia ha sequestrato ingenti somme di denaro, oggetti in oro, una pistola automatica e un centinaio di munizioni. Gli inquirenti hanno quindi diffuso una foto che mostra la donna in piedi tra due bandiere turche, in manette. Secondo una prima ricostruzione degli inquirenti, l'Ypg avrebbe dato addirittura ordine di ucciderla per evitare che le prove risalissero a loro.
Le milizie curde filosiriane fanno parte delle Forze democratiche di Mazlum Abdi, sostenute dagli Stati Uniti nella lotta contro l'Isis nel nord della Siria. Per queste ragioni la loro presunta responsabilità nell'attentato ha provocato la dura reazione di Ankara contro Washington. Fahrettin Altun, portavoce di Erdogan, ha ricordato che «l'attacco di domenica è conseguenza diretta e indiretta del sostegno di alcuni Paesi ai gruppi terroristici. Devono fermare immediatamente il loro sostegno se vogliono la nostra amicizia». Si è spinto oltre il ministro degli Interni Soylu, affermando che la Turchia «non accetterà i messaggi di condoglianze di Biden».
Sono due però i dubbi che assillano analisti e alcune diplomazie internazionali sui fatti di Istiklal Caddesi: la rapidità con cui i turchi sono riusciti a
individuare i presunti attentatori (meno di 10 ore dall'esplosione), e le foto della donna arrestata. Ha il volto visibilmente tumefatto, e non si può escludere che la confessione sia stata estorta attraverso l'uso della violenza.
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