Europa più che guardinga, rispetto all'evoluzione del nuovo corso siriano. La vittoria del movimento jihadista Hayat Tahrir al-Sham, sul regime di Assad, ha avuto immediate ripercussioni nel Vecchio Continente dove vivono milioni di siriani e dove alcuni hanno preso nel frattempo pure la cittadinanza. Le piazze festanti di rifugiati e richiedenti asilo a Berlino, le bandiere sostituite nelle ambasciate delle capitali europee come successo ieri a Parigi, sono considerate un grosso punto interrogativo dalle intelligence dei 27. Ieri sono dunque scattate le prime contromisure. E molti Paesi hanno sospeso le richieste di asilo e protezione umanitaria, qualcuno arrivando perfino a valutare le espulsioni dei siriani accettati negli ultimi anni.
Ha iniziato la Germania, prima per richieste. L'Ufficio federale per la migrazione (Bamf) ha interrotto tutte le circa 47mila domande di protezione o accoglienza in stand by: qualsiasi decisione, allo stato attuale, sarebbe «basata su piedi d'argilla». Merkel aprì le porte più di altri, ai siriani. Scholz inverte la rotta e non è il solo a mettere in pratica ciò che secondo certe Ong è un voltare le spalle alla Siria, mentre per i Servizi è un'operazione inevitabile vista l'incertezza.
La questione della sicurezza supera insomma il diritto Ue. Non tutti quelli che potrebbero arrivare puntano all'Europa con le migliori intenzioni, è il leit motiv registrato ieri nei vari scambi avuti dagli 007 dei Paesi membri. A cascata ne sono seguite decisioni. Germania apripista, poi Grecia e Austria (secondo e terzo Paese per richieste siriane il cui tasso di riconoscimento è il più alto tra tutte le nazionalità, il 92%) seguite da Danimarca e Norvegia. Sospensione unilaterale delle domande d'asilo dei siriani «a causa della situazione molto incerta nel Paese», dicono, assieme alla Svezia che congelerà pure le decisioni sulle espulsioni. Durissimo il governo olandese, che a stretto giro potrebbe decidere l'espulsione di massa di quelli presenti. Wilders, il leader dell'ultradestra che vanta una golden share sull'esecutivo, ha scritto su X: «Se i siriani nei Paesi Bassi esultano per la nuova situazione in Siria, possono essere anche rimandati indietro». Poi l'appello al premier Schoof per agire in fretta nella direzione indicata.
Durissima anche la reazione austriaca: il cancelliere ad interim, Karl Nehammer, ha chiesto di rivedere le pratiche già approvate: il ministro dell'Interno ha fatto sapere d'aver incaricato i tecnici di «preparare un programma di rimpatri ed espulsioni in Siria», senza aggiungere dettagli. Intanto, da Parigi, arrivava un'altra informazione che a fine giornata ha spinto pure la Francia a dire che seguirà l'esempio di altri vicini sulla sospensione delle domande. Si è infatti scoperto che l'assassino di Samuel Paty (il prof decapitato il 16 ottobre 2020) era in contatto proprio con il gruppo che ha preso il potere dopo 50 anni di dittatura del partito Baath. Il ceceno Abdoullakh Anzorov, 12 giorni prima di sgozzare Paty, pubblicava su Snapchat elogi per la formazione jihadista, e prima d'essere ucciso dalla polizia aveva inviato la foto della testa mozzata dell'insegnante a Farrouk Faizimatov, membro di Hayat Tahrir al-Sham di base a Idlib che curava le raccolte di denaro per i terroristi ed era fra i gestori dei canali social del gruppo. Anche il Regno Unito si è accodato ieri ai primi dell'Ue, bloccando le richieste d'asilo dalla Siria.
E dopo una riunione a Palazzo Chigi, convocata dalla premier con i vertici dei Servizi e i ministri competenti, l'Italia si è preparata a far lo stesso. Già nel colloquio con Trump, sabato a Parigi, Meloni aveva discusso della questione siriana. Ieri primo focus decisionale in casa.
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