Atletica fuori dal tunnel grazie al Ct sindacalista e agli allenatori operai

Senza ori dal 2008, La Torre ha sconfitto i dubbi. Ma ora si investa su talenti e tecnici

Atletica fuori dal tunnel grazie al Ct sindacalista e agli allenatori operai

Dove eravamo rimasti? All'oro di Alex Schwazer, marciatore dell'illusione sulle strade di Pechino 2008, e al bronzo di Fabrizio Donato, nonnetto che ci allungò la speranza nel suo triplo salto di Londra 2012, riportandoci ad una medaglia vinta nello stadio come non accadeva dai tempi dell'asta di Giuseppe Gibilisco, targata Atene 2004. Sembra una vita fa. E forse è così davvero. La lunga notte dell'atletica si è conclusa in una notte di Tokyo: due ori e passa la malinconia. Non certo la paura che tornino i tempi bui. Ma qui si è riaperta un'epoca, detta con Giovanni Malagò presidente del Coni: «Ora in Italia abbiamo l'uomo più veloce al mondo e quello che salta più in alto». Tanto tuonò, che poi piovvero medaglie. La estenuante marcia di un movimento, che dovrebbe reggere una parte dello sport nostro, è stata intrapresa con l'idea del costruire e ricostruire. Alla base di tutto serve la materia prima, ma provando, testando, sbagliando e riprovando qualcosa è successo. Metteteci anche la bravura di un ct che si è rivelato degno successore di alcuni califfi del passato: Antonio La Torre, pugliese di Manfredonia, disegnatore all'Ansaldo, sindacalista ed infine professore di educazione fisica, ci aveva abituato a scoprire segreti e meraviglie tecniche della marcia, aveva accompagnato Ivano Brugnetti all'oro olimpico di Atene, e da tre anni è il direttore tecnico della Fidal. Ci sarà ancora dopo Tokyo o la rinnovata federazione cambierà facce? Comunque sia, La Torre ha lasciato il segno accompagnando l'atletica ad una delle più inattese ed emozionanti storie della sua lunga vita.

Dicono i numeri che non è cambiato tanto nel movimento: i tecnici vengono sempre pagati poco, magari servirebbero qualche addestratore e qualche idea innovativa in più, i talenti vengono raccolti più con casualità che con lavoro nato dalle scuole. Ma questo è il destino italiano. Dall'ultimo oro, leggi appunto Schwazer 2008 (e dimentichiamo il seguito) i numeri di atleti tesserati sono aumentati, non così le medaglie: si passa dai 153.255 del 2008 ai 189.701 del 2020 che, fra l'altro, recitano una flessione rispetto ad anni precedenti. Le società, nel 2020, erano 2806. Nel 2008 sommavano a 2588. I tesserati seniores nel 2020 sono contati in 8103 maschi e 3507 donne, nel 2008 erano 6169 e 2133.

Se guardiamo con occhio ai successi: le prime due medaglie d'oro olimpiche vennero vinte da Ugo Frigerio nella marcia (1920 e 1924) ed oggi con Tamberi e Jacobs abbiamo toccato quota 21 ori, dopo un cammino di 100 anni.

Nei conteggi federali, ed anche del Coni, in vista di Tokyo, l'atletica rappresentava la terra del dubbio: le speranze di medaglia poggiavano sulle marciatrici e magari su qualche sorpresa. Tamberi era la speranza di una rivincita, Jacobs si portava l'idea di una finale. Difficile credere che da Pechino a Tokyo la lunga via potesse diventare una strada dorata.

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