Autostrade, è scontro tra Atlantia e Cdp. "Non ci sono le condizioni per l'intesa"

La società dei Benetton propone la vendita in asta dell'intero 88% detenuto in Aspi oppure la sua quotazione in Borsa

Autostrade, è scontro tra Atlantia e Cdp. "Non ci sono le condizioni per l'intesa"

Atlantia riprende in mano le redini del gioco e annuncia di essere pronta a vendere l'88% detenuto in Autostrade per l'Italia (Aspi) e alla scissione di Aspi. Oggi era attesa la firma dell'accordo per la cessione del controllo del concessionario autostradale a Cdp che, secondo quanto concordato con il governo nella notte del 14 luglio, prevedeva per Aspi un aumento di capitale riservato a Cdp che sarebbe salita al 33% del capitale, la cessione del 22% circa del capitale a investitori graditi alla Cassa, la scissione e, infine la quotazione. Più passavano i giorni più la strada tuttavia appariva in salita. A confermarlo una lettera di Atlantia arrivata a Palazzo Chigi, al ministero dell'Economia e a quello delle Infrastrutture. Il testo riscrive gli accordi di luglio e propone nuove condizioni.

«Allo stato si rilevano concrete difficoltà nel proseguimento positivo delle trattative (con Cdp ndr), non solo per la determinazione di un valore di mercato di Aspi, ma anche per effetto di richieste avanzate dalla Cdp su ulteriori impegni al di fuori di quanto concordato» con il governo nella missiva del 14 luglio. Anche qui è un problema di fiducia.

I nodi del contendere sono quindi due: la valutazione di Aspi e la manleva (ovvero l'assunzione di responsabilità) sulla gestione dei 3mila chilometri di rete autostradale chiesta dalla Cdp ad Atlantia per il periodo precedente al subentro al timone. La società presieduta da Fabio Cerchiai pur ribadendo «la ferma volontà di dare corso» agli impegni previsti, «ha ritenuto di dover individuare soluzioni alternative idonee comunque a giungere alla separazione tra la società e Aspi». Soluzioni tali da dare certezza al mercato «sia in termini di tempi che di trasparenza, nonché della irrinunciabile tutela dei diritti di tutti gli investitori e stakeholder coinvolti». Su questa base la società controllata dai Benetton (al 30,25% del capitale) ha quindi deliberato la possibilità di procedere «alla vendita tramite un processo competitivo internazionale gestito da advisor indipendenti dell'intera quota detenuta in Aspi al quale potrà partecipare Cdp congiuntamente ad altri investitori istituzionali di suo gradimento».

In secondo luogo, è stata poi prevista «la scissione parziale e proporzionale di una quota fino all'88% di Aspi mediante la creazione di un veicolo beneficiario da quotare in Borsa, creando quindi una public company». Il 3 settembre è già stata convocata una riunione straordinaria del cda per deliberare la scissione di Aspi che dovrà poi essere approvata dagli azionisti. I due percorsi, conclude la nota, potranno proseguire anche in parallelo almeno «fino a un certo punto» (presumibilmente la cessione dell'intera quota). «Abbiamo voluto individuare un percorso certo per la separazione di Aspi da Atlantia», ha dichiarato in merito l'ad Carlo Bertazzo. Il comunicato non accenna tuttavia ai tempi in cui le soluzioni alternative ipotizzate potranno essere adottate da Atlantia.

Da Ponzano Veneto fanno sapere che le trattative con l'istituto guidato da Fabrizio Palermo proseguono. La rotta, tuttavia, è stata invertita, complice anche l'alzata di scudi degli internazionali contro quella che veniva letta come una nazionalizzazione a sconto. In mancanza di una definizione dell'accordo continua a incombere il rischio di revoca della concessione che tuttavia, a giudizio di Atlantia, è da ritenersi «ragionevolmente non probabile».

Oggi, intanto, è in

agenda il tavolo al ministero delle Infrastrutture sulla evoluzione delle tariffe e su cosa fare con i 3,4 miliardi di indennizzo riconosciuti ad Aspi nell'ambito del preaccordo firmato nella notte tra il 14 e il 15 luglio.

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