Rimane elevata l'attenzione su Atlantia mentre si discute di valutazioni e di scenari futuri per Autostrade per l'Italia (controllata all'88% dalla finanziaria di Ponzano Veneto), a pochi giorni dalla firma dell'accordo che prevede, nel giro di un anno, l'uscita di scena della famiglia Benetton.
Rimane da sciogliere il nodo del prezzo e i tempi sono stretti: entro il 23 Aspi dovrà presentare il nuovo piano industriale che dovrà comprendere gli impegni finanziari assunti con l'esecutivo (compreso l'indennizzo da 3,4 miliardi in seguito al crollo del Ponte Morandi e il piano di investimenti da 14,5 miliardi), mentre entro il 27 luglio dovranno essere avviate le trattative con la Cassa Depositi e Prestiti per la cessione del timone. Già lunedì potrebbero comunque emergere indicazioni dal confronto tra Giovanni Gorno Tempini, presidente della Cdp, e alcune delle Fondazioni azioniste a cui il manager dovrebbe presentare l'ingresso della Cassa in Aspi attraverso un aumento di capitale compreso tra i 3 e i 4 miliardi che garantirà alla società il 33% della concessionaria autostradale. Sarà inoltre interessante verificare la posizione delle Fondazioni visto che le stesse risultano tra i soci di riferimento del fondo F2i, chiamato insieme ad altri soci istituzionali graditi alla Cdp (in fila ci sarebbero anche Blackstone e Macquarie), a rafforzare l'azionariato di Aspi, rilevando il 22% del capitale da Atlantia.
Dai Palazzi romani le promesse si sprecano ma, nonostante questo, le forze politiche restano divise praticamente su ogni aspetto della vicenda. «Non sarà un'altra Alitalia» Andrea Orlando, vicesegretario del Pd difendendo la «nazionalizzazione» della società. Quanto al debito di Aspi, oltre dieci miliardi di euro, il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, assicura: «Non si sposta da nessuna parte, resta dov'è, in Aspi che conserverà una redditività adeguata a ripagarlo, senza gravare in nessun modo sul bilancio dello Stato».E la ministra dem Paola De Micheli: «I Benetton hanno deciso liberamente». «Saranno proprio gli italiani ad accollarsi i debiti di Autostrade perché la Cdp sono i risparmi dei cittadini che hanno il conto in posta» controbatte Matteo Salvini, leader della Lega. I dubbi riguardano anche la sostenibilità della redditività futura del gruppo compressa tra l'impegnativo piano di investimenti da un lato e dalla riduzione dei pedaggi fortemente voluta dall'esecutivo dall'altro (si parla di uno sconto medio delle tariffe del 5 per cento).
«Siamo di fronte a un nuovo tentativo di statalizzare la nostra economia e questo è assolutamente inaccettabile. Lo Stato imprenditore non funziona in un moderno sistema. Ci hanno messo due anni per fare un pasticcio. Siamo preoccupati per i soldi dei risparmiatori» ha commentato ha detto Antonio Tajani, vicepresidente di Fi. Non solo.
La capogruppo azzurra al Senato Anna Maria Bernini: «Il rischio è che se lo Stato entra a gamba tesa nell'azionariato delle imprese difficilmente un investitore straniero troverà conveniente spendere i suoi soldi in Italia».
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