Condividere, allargare, fare le primarie se necessario. Non è ancora un sentimento di insofferenza quello che il resto del centrodestra riserva alla leadership della Lega, piuttosto la richiesta di un metodo diverso nelle decisioni importanti, a partire dalla scelta dei candidati. A Milano già si leva qualche voce a chiedere scelte collegiali. Il coordinatore regionale di Forza Italia, Massimiliano Salini, già in agosto aveva avvertito che il candidato sindaco non poteva essere un'esclusiva del «capitano» Matteo Salvini. Ora esce allo scoperto anche l'ex vicesindaco Riccardo De Corato, assessore regionale di Fratelli d'Italia. Molto popolare nella destra milanese ma altrettanto capace di lavorare coi centristi, De Corato chiede le primarie, e lo fa citando la presidente di Fdi Giorgia Meloni, che già da tempo ha proposto le primarie per Palazzo Marino.
La sensazione, soprattutto in Lombardia, è che l'uomo solo al comando non funzioni più. L'impressione è che un Salvini così forte ed esposto, oggi, mobiliti soprattutto l'elettorato avversario (portandolo in massa a votare «contro» di lui) più che quello moderato.
È questa la «lezione» che pare arrivare da questa tornata di amministrative, e soprattutto dal secondo turno delle Comunali, piuttosto avaro di soddisfazioni. Salvini lunedì sera si è fatto vedere ai festeggiamenti in piazza a Voghera, in quella che è stata l'unica vera importante affermazione elettorale del centrodestra, con la commercialista indipendente Paola Garlaschelli che ha letteralmente doppiato il rivale. Ma è stata appunto un'eccezione: qualcosa stavolta non ha funzionato nel voto politico. I ballottaggi, è vero, sono sempre stati un passaggio ostico per i moderati, e in passato non sono mancate sconfitte e vittorie sfumate all'ultimo metro. Però il centrodestra, anche quello a trazione salviniana, altrettanto spesso si è mostrato capace di scegliere i candidati giusti, per esempio in Toscana, dove ha fatto cadere una a una tutte le roccaforti rosse. Ebbene, in questo 2020 anche nel Centro Italia il Carroccio ha frenato. Si è registrata la bella conferma di Arezzo, è vero, ma non basta. Dei 9 capoluoghi tornati alle urne, 5 sono andati al Pd (Chieti, Bolzano, Reggio Calabria, Lecco e Andria), uno ai 5 Stelle (Matera), due a indipendenti (Crotone e Aosta) e solo Arezzo al centrodestra.
Stavolta alle sconfitte attese o messe in conto - come quelle dell'hinterland di Milano - si sono sommate anche delusioni pesanti, come quella di Lecco, dove c'erano tutte le condizioni per strappare alla sinistra un altro capoluogo, C'era anche un candidato esperto e popolare in città, Peppino Ciresa, ma l'alpinista ex presidente di Confcommercio nella bianca Lecco Ciresa si è fermato a 31 voti dalla vittoria, e questa inerzia ha fatto pendere dal lato del centrosinistra la bilancia delle Comunali lombarde. Così il Pd che pareva in crisi nera già fa la voce grossa e annuncia di puntare dritto al Pirellone, intensificando il pressing su Attilio Fontana. Prima delle Regionali, però, c'è la tappa cruciale di Milano 2021. La Lega è già pronta a far partire una campagna di ascolto e preannuncia un identikit: un uomo in grado di parlare col centro e le periferie e di impensierire così l'uscente Beppe Sala. FI non ha più i voti di un tempo, ma Salini ad agosto ha avvisato: «Milano non è di Salvini, serve il cantiere liberale». Sabato metterà in pista la sua iniziativa: «Immagina».
De Corato va dritto al cuore della questione-candidatura a sindaco. E citando Meloni propone: «I leader indichino una rosa, ma decidano gli elettori. Questo non danneggia la Lega. Se ha il 30% saranno i suoi elettori a determinare la scelta».
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