Carlo Calenda e Azione sostengono il dem Andrea Orlando in Liguria: la scelta avrà conseguenze. È un passo in più verso la soluzione dell'enigma del «centro» o Terzo polo, che ormai non esiste più (sempre che sia mai esistito). È un altro abbraccio formale al «campo largo» targato Elly Schlein e Giuseppe Conte. E infatti i pochi liberali rimasti azionisti - la fronda che proviene da Forza Italia - manifesta tutto il proprio dissapore.
Nell'ultima riunione del gruppo di Azione alla Camera - così ci riferiscono fonti parlamentari - Mara Carfagna ha espresso «distanza siderale» dal sostegno politico ad Andrea Orlando. L'onorevole ha rivendicato di aver fatto parte con l'esponente dem di un governo «ma in uno schema di unità nazionale», cioè nell'esecutivo guidato da Mario Draghi, e con degli «obiettivi precisi». Stessa posizione, a maggior ragione, in caso di «alleanza strutturale» o sostegno al «campo largo» anche in Umbria ed Emilia Romagna. La Carfagna è stata molto chiara in materia, dinanzi a tutti i suoi colleghi.
Una fonte laziale di Azione ne è sicura: «Mara Carfagna è quella con le valigie». E la senatrice Mariastella Gelmini? Che percorso intraprenderebbe se Azione sostenesse Schlein e Conte? Anche lei «non la prenderebbe bene», assicurano. Pure Giusy Versace sarebbe vicina all'addio. La destinazione naturale, per tutte e tre le esponenti, sarebbe Forza Italia, il mondo politico da cui provengono. Bisognerà capire però cosa ne pensano gli azzurri, Antonio Tajani in primis. L'esplosione interna di Azione ha radici antiche, ma il caso Liguria - con l'annuncio di una lista a sostegno dell'ex ministro della Giustizia - è un detonatore. «Calenda è favorevole al triplete rosso», dice a Il Giornale un'altra fonte, un dirigente nazionale. E quindi sostenere il «campo largo» anche in Emilia Romagna e Umbria. «Non sono tre piccoli Comuni. Un conto è essere una forza terza, un altro sono questi giochetti delle parti. Anche Carfagna e Gelmini la pensano così, glielo assicuro».
E ancora, prosegue la fonte: «È inutile ordinare di non manifestare contro Giovanni Toti se poi si partecipa ai presidi per chiederne le dimissioni». E in effetti i due principali azionisti liguri - Cristina Lodi e Pippo Rossetti - le dimissioni di Toti le hanno chieste eccome. Il tutto di fianco al resto del «campo largo». La sensazione è che Calenda abbia virato: la sinistra è la meta. E che il prezzo da pagare sia quello di perdere l'ala liberale del partito. Tra cui il parlamentare Enrico Costa, che a microfoni aperti assicura: «Sostenere Orlando ed il campo largo in Liguria contraddice il lavoro in chiave garantista che abbiamo svolto in questi anni». Entrare nella coalizione con Pd e M5S - aggiunge Costa - «significa sacrificare le battaglie fatte e i tanti risultati ottenuti». Sembrano molto lontani i tempi in cui una sparuta pattuglia di azionisti, tra cui proprio Costa, sedeva tra gli scranni dell'opposizione all'esecutivo Conte bis.
Attenzione poi a quello che succede in casa dei renziani. Italia viva, in Liguria e non solo, continua a subire almeno i veti di due formazioni: i grillini e Avs. Se il «no» all'ingresso di Iv in coalizione dovesse cristallizzarsi, Matteo Renzi potrebbe lasciare liberi i suoi alle elezioni Regionali liguri di ottobre. O magari indicare di votare per la lista del sindaco Marco Bucci.
Il primo cittadino di Genova dovrebbe sostenere il candidato a presidente del centrodestra con una sua civica. Il centrosinistra si ritroverebbe contro l'intero fronte garantista, tranne Calenda e Azione. Il tutto in una Regione dove la vittoria potrebbe arrivare sul filo di lana.
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