«Se si potesse fare un rimpasto, lei sarebbe il primo ministro da cambiare». Se ieri, alla fine del tormentatissimo iter del decreto scuola, si faceva un sondaggio anonimo tra i parlamentari di maggioranza, il verdetto era pressoché unanime (con qualche incertezza tra primo e secondo posto, perché i ministri palesemente inadeguati non mancano certo). Ma Lucia Azzolina (detta Vulvia, perché ricorda l'indimenticabile personaggio di Corrado Guzzanti) resta gettonatissima: la sua gestione dell'emergenza Covid nella scuola ha ottenuto il risultato che l'Italia sia l'unico paese d'occidente a non aver ancora riaperto le scuole e a non sapere se e quando riapriranno, la ministra spara soluzioni a vanvera, dai turni al plexiglass, e gli unici provvedimenti presi sono nuove massicce ondate di assunzioni di insegnanti (senza alcun criterio di merito, che pure la ministra avrebbe confusamente voluto introdurre, facendo ovviamente indignare i sindacati) che al momento non hanno nulla da fare.
Che la situazione sia tesa lo dimostra il fatto che ieri, tra i Cinque Stelle, è stato impartito l'ordine di scuderia di difendere in massa la ministra, per mandare agli alleati un messaggio chiaro: Azzolina è nostra (per la precisione, della corrente Fico) e non si tocca. Così è partito un coro di «brava bravissima» e di «grazie Lucia». Il Pd invece - che durante il lunghissimo e travagliato dibattito in aula non ha speso una parola in difesa della ministra - è preoccupato per i contraccolpi elettorali e sociali della sua gestione del ministero.
«Si è messa tutti contro: i sindacati, con Conte costretto a presiedere le riunioni al posto di Azzolina altrimenti loro non ci vanno neppure, gli insegnanti, le famiglie che si ritrovano senza rete», spiega un dirigente dem. La ministra «non parla con nessuno», è l'accusa. Patrizio Bianchi, il tecnico che guida la task force sulla scuola, ha consegnato il suo piano di emergenza già dal 27 maggio, ma Azzolina pare non lo abbia neppure visto. Tanto che il Pd ha ottenuto di sentirlo in audizione alla Camera martedì prossimo, per farglielo illustrare. Matteo Orfini, che ha votato no al decreto per la gestione delle assunzioni di precari, lo dice esplicitamente: «C'è un problema di inadeguatezza del ministro: per la scuola non c'è nessun piano, ma di fronte alle posizioni irragionevoli di Conte e del M5s il Pd si è arreso». Mentre il capo dei senatori Marcucci, giorni fa, si è spinto a dar ragione ai sindacati («Sono comprensibili le loro ragioni») che minacciavano sciopero contro il governo. Il tentativo dem di commissariare Azzolina, nominando proprio Patrizio Bianchi a commissario straordinario per la riapertura, è stato bloccato dallo stesso Conte: «Si aprirebbe un varco al rimpasto, che rischia di far venire giù tutto», è stato il suo ragionamento.
Lei si difende piangendo miseria: «Non ci sono risorse sufficienti». E in effetti alla scuola si è destinato un terzo dei soldi destinati alla carcassa clientelare di Alitalia: ma questo Azzolina e i suoi supporter si guardano bene dal denunciarlo.
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