Il bacio tra Assange e Stella: "Deve abituarsi alla libertà"

Il fondatore di Wikileaks è tornato a casa. La moglie "Ringrazia tutti". L'avvocato: "Il suo lavoro continua"

Il bacio tra Assange e Stella: "Deve abituarsi alla libertà"
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Pollice alzato in segno di vittoria, un grande sorriso che non nasconde il volto stanco, un lungo abbraccio alla moglie. Julian Assange è atterrato ieri sera all'aeroporto di Camberra dopo 72 ore di volo, e ad attenderlo, oltre ai famigliari, c'erano decine di sostenitori di sostenitori australiani che per 14 anni hanno fatto il tifo per lui. Poche ore prima Il 52enne fondatore di Wikileaks ha chiuso il suo calvario giudiziario dichiarandosi colpevole «di cospirazione per ottenere e diffondere informazioni sulla difesa nazionale» davanti alla giustizia americana nel tribunale di Saipan, sulle Isole Marianne Settentrionali, territorio Usa nell'Oceano Pacifico.

Ora Assange è ufficialmente un uomo libero, ma non racconterà subito quello che ha vissuto negli anni trascorsi dentro l'ambasciata dell'Ecuador a Londra e poi in un carcere di massima sicurezza vicino alla capitale britannica. «Julian voleva che vi ringraziassi sinceramente tutti. Voleva essere qui, ma dovete capire cosa ha passato. Ha bisogno di tempo e di riprendersi. Deve abituarsi alla libertà, qualcuno ieri che ha vissuto qualcosa di simile mi ha detto che la libertà arriva lentamente. E voglio che Julian abbia quello spazio per riscoprire la libertà, lentamente», ha detto la moglie Stella parlando per lui. Da avvocato e da compagna in questi anni si è battuta per riportarlo a casa dai suoi due figli, e ora chiede «per favore di darci spazio e privacy, di lasciare che la nostra famiglia sia una famiglia prima che lui possa parlare di nuovo quando se lo sentirà». Mentre per un altro dei suoi legali, Barry Pollack, Assange ha svolto «un servizio pubblico straordinario, non un crimine»: «il lavoro di WikiLeaks continuerà e Julian, non ho dubbi, sarà una forza continua per la libertà di parola e la trasparenza nel governo».

Se nel mondo l'opinione pubblica continuerà a dividersi tra chi lo considera un eroe per aver denunciato le malefatte di Washington e chi lo ritiene un criminale per aver messo a repentaglio la sicurezza Usa, la vita dei soldati americani e le fonti di intelligence, non è così nel suo Paese natale, dove anche il premier Antony Albanese è convinto di «aver fatto la cosa giusta» a fare pressioni su Joe Biden in forza del suo ruolo di alleato chiave nel Pacifico. Albanese ha detto che ci sono state una serie di recenti missioni segrete di funzionari australiani negli Stati Uniti che hanno contribuito a forgiare l'accordo. Ora l'obiettivo finale resta la grazia, la cancellazione del reato che il fondatore di Wikileaks ha dovuto ammettere per firmare il patteggiamento. L'udienza a Saipan si è svolta senza intoppi nè colpi di scena, e la giudice Ramona V Manglona ha detto ad Assange: «Spero troverai un po' di pace e inizierai la tua nuova vita in modo positivo». Lui, invece, dopo essersi dichiarato colpevole non ha rinunciato a togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Quando la togata gli ha domandato cosa avesse fatto per commettere il reato di cui è accusato, lui ha risposto: «Ho incoraggiato la mia fonte a fornire informazioni classificate al fine di pubblicarle. Credo che il Primo emendamento protegga tale attività, ma è in contraddizione con l'Espionage Act».

Anche se si è dichiarato colpevole, e non potra mai più tornare negli Stati Uniti senza un permesso ufficiale insomma, il giornalista non appare pentito, ma per ora non è chiaro dove andrà e quali saranno i suoi piani futuri.

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