Le batterie che mettono a segno le rapine in banca a Milano con la tecnica «del buco» sono da sempre napoletane o catanesi. Com'era accaduto con i trasfertisti di Giugliano (Napoli), arrestati nell'ottobre 2019 dalla sezione «antirapine» della squadra mobile dopo che, tra marzo e maggio 2018, avevano messo a segno due colpi, uno alla Bpm di piazzale Accursio (bottino da 25mila euro) e un altro alla Banca popolare di Sondrio di via Lessona dove razziarono un milione di euro da una trentina di cassette di sicurezza. O come i sette napoletani che il 3 novembre 2020, con un colpo spettacolare, rapinarono la filiale di piazza Ascoli del Crédit Agricole, portando via un bottino di oltre un milione di euro, tutti catturati nel maggio successivo. Non stupisce quindi che avessero l'accento meridionale («uno con inflessioni campane, gli altri tre siciliane», dicono i testimoni) anche i quattro componenti del commando che ieri mattina sono entrati, penetrando da un muro confinante con una pizzeria chiusa e vuota da tempo, nella filiale Bpm all'angolo tra piazza Emilio Salgari e via Giovanni Cadolini, in zona Calvairate (periferia sud est della città) per appropriarsi di un bottino non proprio da re visto che va diviso, 160mila euro circa. Secondo gli investigatori della Mobile i rapinatori erano lì non dalla notte precedente, ma sicuramente dalle prime ore del mattino, quando Milano è ancora immersa nel buio. E dopo aver realizzato il buco nella parete, alle 9 - con i volti coperti da cappellini e sciarpe e i baveri dei giubbotti alzati - sono entrati in azione. Atteso l'arrivo dei sette dipendenti, intorno alle 9.30, i malviventi li avevano già presi tutti in ostaggio: cinque erano stati immobilizzati con fascette a polsi e caviglie, gli altri due costretti ad aprire la cassaforte.
L'allarme è scattato attorno alle 10, quando i dipendenti dell'istituto di credito sono riusciti a liberarsi: sono stati proprio loro a raccontare ai poliziotti che i banditi appena fuggiti erano quasi certamente italiani. I componenti del commando hanno detto ai sequestrati che avevano armi, ma non le hanno comunque mai mostrate per intimidirli.
Ora gli investigatori stanno passando al setaccio le immagini registrate dalle telecamere che, insieme alle celle telefoniche e ai rilievi della polizia scientifica costituiscono gli elementi principali per iniziare una indagine di questo tipo. Un dato resta incontrovertibile: se in via Lessona i malviventi erano entrati in banca sfilando gli infissi della lastra di acciaio di una porta blindata, in piazzale Accursio avevano dovuto tagliare le grate delle finestre dei bagni, mentre in piazzale Ascoli avevano fatto un lavoro imponente, entrando da un condotto sotterraneo scavato in precedenza, quasi sicuramente mesi prima della data prescelta, ieri nella filiale della Bpm è stato tutto più agevole per la batteria che ha realizzato il colpo, con il classico buco nel muro.
«Alla opportunità della pizzeria vuota sono arrivati sicuramente grazie a una serie di sopralluoghi che questi rapinatori sono soliti fare
prima di mettere segno i colpi», spiegano gli investigatori. Adesso si spera solo che qualcuno di loro commetta qualche errore fatale. Tipo utilizzare i telefoni usati per e durante la rapina per inserirci schede personali.
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