Barricate a sinistra sulle riforme. Ma il centrodestra: "Se saranno solo no avanti anche soli"

Giorgia Meloni e l'esecutivo sono disponibili al dialogo con le opposizioni sulle riforme costituzionali. Ma Schlein, Conte e compagni sono fermi alle pregiudiziali ideologiche

Barricate a sinistra sulle riforme. Ma il centrodestra: "Se saranno solo no avanti anche soli"
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Giorgia Meloni e l'esecutivo sono disponibili al dialogo con le opposizioni sulle riforme costituzionali. Ma Schlein, Conte e compagni sono fermi alle pregiudiziali ideologiche. Oggi è il giorno clou. Il premier, a partire dalle 12.30, vedrà il Pd, il Movimento 5 Stelle, l'Alleanza Sinistra-Verdi, Italia viva e Azione. Con la Meloni ci saranno i due vicepremier, i ministri chiave per la materia e il giurista Francesco Saverio Marini. Le regole del gioco valgono per tutti. Il centrodestra invoca un cambiamento netto: il cambio dell'assetto istituzionale è nel programma elettorale. Strategie come l'Aventino o l'ostruzione preventiva non modificheranno le intenzioni di Fratelli d'Italia, Lega, Forza Italia e Noi moderati. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani auspica che non ci sia «un muro contro muro». «Se ci fosse una chiusura preventiva, pregiudiziale andremmo avanti egualmente ma non è questo il nostro obiettivo», aggiunge il capo di Dicastero. Il viceministro del Lavoro Maria Teresa Bellucci invita ad evitare una «guerra» al progetto della Meloni. Maurizio Gasparri, senatore di Fi, confida che il dialogo «possa portare a degli accordi utili». Per Alessandro Urzì, deputato di Fdi, quella presidenzialista resta «la madre» di tutte le riforme, mentre il governo ha dimostrato «responsabilità», convocando le opposizioni.

Le vie possibili sono molte: presidenzialismo e premierato su tutte. In ogni caso, andrà rivista anche la legge elettorale. Alla Lega di Matteo Salvini interessa soprattutto la riforma dell'Autonomia differenziata. Il governatore veneto Luca Zaia ha augurato buon lavoro al Comitato che si occuperà di definire i Lep, ossia i Livelli essenziali delle prestazioni. E per il governatore friulano Massimiliano Fedriga la Meloni «è sempre attenta al rapporto con le Regioni». Nella maggioranza, c'è compattezza anche sul potenziale dislivello tra Stato e Regioni.

Il problema, per ora, è l'ideologismo che muove tre quarti della minoranza. Quello che rende lontano qualsiasi accordo che coinvolga buona parte del Parlamento. La Schlein non vuole né l'elezione diretta del presidente della Repubblica né il premierato, ossia quello che Matteo Renzi chiama «sindaco d'Italia», istituto sul quale magari potrebbe esserci intesa tra la maggioranza e una porzione d'opposizione. «Domani abbiamo questo incontro e andremo a sentire cosa ha da dirci il governo», ha detto la segretaria dem. Ma è chiara la linea oppositiva: semmai la Schlein guarda al modello istituzionale tedesco. Conte dice da tempo «no» in tutte le salse, soprattutto sull'Autonomia, che l'ex premier vede come fumo negli occhi. Il Movimento 5 Stelle è in predicato per l'Aventino. Azione di Calenda è per il premierato ma non per il presidenzialismo. L'ex candidato a sindaco di Roma dichiara: «Noi siamo d'accordo sull'idea di premierato e sulla revisione del bicameralismo perfetto». Ma spesso cambia idea, tra i palazzi attendono di capire. Matteo Renzi twitta così: «Giorgia Meloni incontrerà i rappresentanti dei partiti e dei gruppi parlamentari per consultare le forze sulle riforme costituzionali. Iv sarà presente con Lella Paita e Maria Elena Boschi». Iv è per il premiato ma non per il presidenzialismo e le Autonomie. Era già noto.

Da sinistra, nel recente passato, molti esponenti hanno concordato con la Meloni sulla necessità di cambiare le regole del gioco. Il professor Sabino Cassese e il presidente emerito della Camera Luciano Violante sono due esempi eclatanti.

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